PRESENTATO A UN CONCORSO LETTERARIO
AUTORE - MAX
29 novembre 2005
27 novembre 2005
LA BALLATA DEI METALLI
1
La Ragazza di Ferro aleggiava tra i frammenti rocciosi che costituivano gli anelli del gigante gassoso. L’autopilota faceva correre la nave alla sessa velocità di orbita del grosso masso dietro cui era celata, così da farle mantenere una posizione fissa nel campo di detriti.
Il cacciatore di taglie puntò accuratamente il disintegratore contro l’astronauta che stava disperatamente tentando di riparare il mercantile in panne.
Il Tizio con la taglia aveva nascosto la sua nave dietro un asteroide grosso come una villetta a due piani e ora stava tentando di ripararla.
Non avrebbe fatto in tempo.
Sotto di loro i venti che striavano l’atmosfera rossastra del gigante gassoso, correvano a oltre 1800 chilometri all’ora. Il gigante riempiva tutto il campo visivo, come un’enorme voragine pulsante nello spazio.
Chiuso nell’esoscheletro da battaglia, fissato magneticamente alla sua nave, Kail il Pazzo prese accuratamente la mira. Non poteva semplicemente disintegrare il Tizio e la sua nave, perché doveva portare al governatore il cadavere per incassare il compenso. Doveva lavorare di fino.
Del resto era un professionista.
Non aveva la minima idea di cosa avesse fatto il Tizio ma era Ricercato vivo o mortodalla Corporazione Esterna e, per sua sfortuna, era rimasto a piedi con la sua carretta mentre veniva inseguito dalla famigerata Ragazza di Ferro .
L’uomo – se così si poteva chiamare – diede un colpetto affettuoso alla carlinga di duracciaio della sua nave. Era un robusto incrociatore Asturiano che lui aveva profondamente modificato e potenziato, nel corso di quasi un decennio di caccia ai fuorilegge in tutti i Settori Esterni.
Modificare una nave era una pratica comune in quelle zone, come del resto era comune spendere milioni di crediti per acquistare costose migliorie meccaniche per il proprio corpo. Kail ad esempio stava mirando alla sua preda con un precisissimo disintegratore a variazione magnetica montato nel suo braccio sinistro, dove erano alloggiati anche un lancia granate a concussione e una lama atomica.
Gli occhi che scrutavano lo spazio, alla ricerca del punto debole nella tuta spaziale del Tizio con la taglia erano sofisticati organi visivi biotec, capaci di vedere in qualsiasi condizione di luce. Dell’uomo di Proxima, dopo anni di interventi chirurgici, era rimasto ben poco.
Kail ingoiò una pastiglia di kark, una mistura di anfetamine, nicotina e droghe sintetiche che lo aiutava a concentrarsi. Chiuse il contatto e sparò.
Non si vide nessun fascio di luce. Il disintegratore scannerizzava il campo magnetico della preda e lo distorceva. Poteva colpire a non più di tre chilometri: se il Tizio con la taglia fosse stato più accorto avrebbe certamente individuato il suo assassino nascosto tra gli anelli del gigante.
Invece il disgraziato continuò a lavorare alla sua nave finché il suo campo magnetico non fu distorto irreparabilmente. Il comando delle bombole di ossigeno collassò e il Tizio iniziò a contorcersi, mentre soffocava.
Durò tutto pochi minuti.
Kail lo vide tentare disperatamente di raggiungere il portellone della sua nave. Lo vide mettere goffamente le mani guantate sul comando di apertura. Lo vide armeggiare inutilmente sui comandi, colto dalla frenesia di chi sa che sta per morire.
Quando la tuta spaziale con dentro il Tizio smise di muoversi e iniziò a galleggiare come un pupazzo nel gelido spazio, Kail sganciò l’esoscheletro da battaglia e lo diresse verso la sua preda.
Caricò il cadavere sulla Ragazza di ferro, in una capsula conservante, poi si occupò della nave del Tizio. L’avrebbe perquisita in cerca di informazioni e gingilli da prendere come parte della ricompensa. Spogliata di ogni cosa utile per lui e la sua nave, vuotata di carburante, l’avrebbe rimorchiata fino al primo mercato errante dove l’avrebbe venduta. Era una buona nave, sperava di farci su cinquanta o sessanta mila crediti.
Mentre lavorava, canticchiava la Ballata dei metalli. Era un’antica canzona popolare, nota da secoli agli uomini e tradotta un po’ in tutti i loro dialetti. Kail non sapeva perché si chiamasse così.
Era una canzone triste e solenne, che andava suonata con gli emulatori degli arcaici strumenti dell’era pre-spaziale. L’aveva imparata da sua madre su Proxima, uno dei mondi umani più antichi, e la cantava sempre alla fine di un lavoro: credeva che rappresentasse bene la sua natura di uomo solo.
Non mi sono mai aperto in questo modo,
la vita è nostra, la viviamo a nostro modo,
tutte queste parole che non mi limito semplicemente a dire
e nient'altro conta.
Fiducia, cerco e trovo in te
ogni giorno qualcosa di nuovo per noi,
apri la mente per una visione differente
e nient'altro conta.
Non mi sono mai preoccupato per ciò che dicono,
non mi sono mai preoccupato dei loro giochi,
non mi sono mai preoccupato per ciò che fanno,
non mi sono mai preoccupato per ciò che sanno…
Il cacciatore smise di cantare e osservò eccitato le informazioni che stava scaricando dal computer centrale della nave del Tizio. Dopo decine di informazioni inutili, il diario di bordo stava ora carpendo la sua attenzione: tre mesi prima, più o meno quando il Tizio era stato inserito nelle liste di proscrizione della Corporazione, quel disgraziato aveva fatto un viaggio nella Desolazione.
Kail conosceva bene la Desolazione. Era nato su Proxima, il pianeta abitato da uomini più vicino ad essa. Era una fascia di spazio, profonda un centinaio di anni luce, dove tutti i pianeti erano stati distrutti e resi inabitabili. Era accaduto dieci secoli prima, durante la Guerra Fratricida tra gli uomini.
Ora la Desolazione era una terra di nessuno tra i mondi esterni e l’Impero umano che, geloso della sua purezza etnica, non permetteva a nessun alieno e a nessun umano dell’esterno di entrare nei suoi confini.
Come mai il Tizio era stato nella Desolazione? Era forse quello il motivo per cui la Corporazione l’aveva proscritto? Kail lesse ancora più attentamente il diario di bordo.
A un tratto un nome lo fece fremere di curiosità.
Earth. Conosceva quel pianeta perché era ad appena quattro anni luce da Proxima. Come spesso accadeva ai mondi morti, aveva mantenuto un nome arcaico, legato ad un antico idioma.
Secondo gli studiosi era molto antico, tra i primi colonizzati dagli uomini. Secondo altri era addirittura la culla dell’umanità, ma questo era un primato che molti pianeti umani rivendicavano, a partire da Proxima stessa oltre, ovviamente, a Tellus capitale dell’Impero umano. Alcuni pensavano che il mondo d’origine degli uomini non esistesse più.
Le altre principali razze della galassia sapevano con chiarezza qual’era il loro mondo di origine. I Sentoriani avevano Sentor, i Denniz avevano Den-zi-ar, gli Hellani avevano Hella e così via.
Non esisteva un’Umania per gli umani.
Sarebbe andato su Earth per scoprire cosa il Tizio aveva combinato su quel pianeta. Non c’era un vero motivo, se non la curiosità morbosa che Kail provava nell’indagare le pieghe nascoste della vita delle sue vittime.
Avrebbe incassato la taglia, venduto la nave del Tizio e poi sarebbe andato nella Desolazione. Poteva ricavarne poco o nulla, non gli importava.
2
Su quel maledetto pianeta pioveva sempre.
La donna dell’Impero odiava stare in quel maleodorante inferno di venti e piogge. L’Impero era villette con giardini ordinati, città pulite, clima temperato, androidi servitori.
In una parola l’Impero era l’Ordine. Tutto ciò che era fuori di esso era il Caos.
Lei era sul quel mondo di merda, ai confini della Desolazione, proprio per difendere quell’ordine.
Era un’agente della Sagitta, il servizio segreto di Tellus. Non si poteva dire che amasse il suo lavoro, ma la fede cieca nell’ideale dell’Impero la rendeva un elemento di primordine nell’organizzazione.
Per questo c’era lei ad attendere l’esterno su Earth.
Il piano della Sagitta era contorno e rischioso, ma avrebbe assicurato altri secoli di pace e isolamento all’Impero.
Per questo stava andando ad incontrare l’uomo,
(se così si poteva chiamare)
che veniva dalla Corporazione Esterna.
Non sarebbe stato semplice.
Osservò la nave planare goffamente sull’acquitrino putrescente che era la superficie di Earth. Il piccolo incrociatore da guerra che l’aspettava sulla faccia nascosta della luna di quel mondo era aggraziato e letale. L’arnese che aveva portato sin lì l’Esterno, invece, sembra un porcospino metallico: era barbara ed evocava mondi selvaggi e pericolosi.
Kail aveva diretto la sua nave verso il centro di una grossa penisola, nei pressi dei tropici, che divideva in due parti un vasto mare interno che, ridotto ormai a un immenso lago, aveva allagato vaste aree che una volta erano state terre emerse.
Tutt’intorno a lui i sensori indicavano rovine. Mentre volava, però, si era reso conto erano rimasti in piedi solo pochi muri e che gli strumenti stavano indicando solo le fondamenta di quelle che dovevano essere state costruzioni imponenti.
Solo due edifici diroccati restavano in piedi in quella desolazione: una costruzione circolare simile a uno stadio per carstade un’enorme colonnato circolare che sembrava abbracciare quella che un tempo doveva essere tata una piazza e di cui rimanevano solo poche lastre di pietra semisommerse.
Kail guidò la Ragazza di ferro verso la piazza la lasciò fluttuare a pochi centimetri da terra: non voleva rischiare di impantanarsi. La piazza era una sorta di ellissi il cui centro era occupato da un grosso obelisco di pietra che emergeva inclinato dal fango come il dito di un cadavere. Sulla sua sommità una croce metallica tutta contorta sembra la mano di arrugginita di un automa mutilato. Spuntava di circa una ventina di metri ma i sensori indicavano che sprofondava nello strato melmoso per altrettanti metri. Sapeva cosa cercare ma non dove.
Ricordava perfettamente quello che aveva letto sul diario di bordo della nave del Tizio.
Data astrale: 69BFC
Sono atterrato su Earth alle ore 12.25. E’ un pianeta spettrale, con tutte quelle rovine. Alcuni sostengono che sia addirittura il luogo di origine dell’Umanità.
Non so se è vero, ma non vedo l’ora di lasciare questo cimitero.
Ho incontrato Cassandra alle coordinate omissis. Erano le ore 12.39, orario galattico standard.
Ho consegnato il carico. Mi ha pagato con la solita merce: reperti archeologici.
Alcuni sono veramente belli, risalgono forse addirittura all’era pre-iperspazio.
Kail commerciava in reperti antichi e ne era un collezionista accanito. Per questo doveva trovare Cassandra.
E farsi dare i suoi reperti più preziosi.
Le coordinate di incontro con Cassandra erano state criptate ma tra i vari gingilli che Kail aveva montato sulla Ragazza c’era anche un super processore neurale in grado di decrittare qualsiasi codice.
Il contrabbandiere hellano che glielo aveva venduto gli aveva assicurato che con quello era riuscito a leggere i database più segreti del governo del suo pianeta.
Il fatto che il contrabbandiere avesse una taglia da un milione di crediti sulla testa, offerta dal Ministero degli interni di Hella dimostrava che la sua tesi aveva qualche fondamento. Quando Kail aveva intascato la taglia per il contrabbandiere, però, non era riuscito a sapere dal funzionario che l’aveva pagato qual’era il reato per cui il malcapitato era diventato un vivo o morto.
Iniziò ad armeggiare col computer, tramite il cip neurale che era si era fatto impiantare proprio in quello che una volta era stato il suo cervelletto.
Mentre il suo cip dava ordini al programma decifratore, Kail scandagliava con i sensori i dintorni della nave.
C’erano rovine dappertutto. Rovine in pietra, in cemento, in metallo. Quel pianeta sembrava un museo di stili e tecniche architettoniche.
Non si stupì che qualcuno usasse quel mondo per contrabbandare reperti archeologici.
Il decifratore mandò un messaggio al suo cervello:
Errore: impossibile decifrare il codice
Kail ordinò di ripetere l’operazione.
Errore: PROGRAMMA TERMINATO. FORMATTAZIONE IN CORSO.
60 SECONDI AL TERMINE DEL PROCESSO…
Kail bestemmiò. Quel codice aveva mandato un comando di autodistruzione al suo costoso superprocessore.
SPEGNI TUTTO E BACKUPPA
Il computer di bordo iniziò a salvare i dati ed isolare le parti danneggiate.
Kail si rilassò. Chi poteva criptate così bene un codice? Un maledetto servizio segreto! Qualcosa di losco d’era sotto tutta la faccenda.
La cosa lo interessava molto.
Il segnale di allarme lo distolse dai suoi pensieri. Un veicolo di superficie si avvicinava.
Attivò tutte le armi e portò la nave a quattro metri da terra, puntando sul veicolo la torretta di prua, pronto a incenerirlo con una scarica di plasma.
Molto più a suo agio come guerriero che come pirata informatico, lanciò un messaggio su varie frequenze e in varie lingue.
“Sono Kail di Proxima, comandante della Ragazza di Ferro. Fatevi riconoscere. Non ho intenzioni ostili ma se mi attaccherete dovrò difendermi”.
Non ci fu risposta e il veicolo si fece più vicino. Era un grosso caccia di superficie di forma oblunga; ad una prima scansione risultò ben armato. La tecnologia poteva essere Denniz ma alcune caratteristiche non combaciavano.
La Desolazione era un rifugio per pirati e tagliagola e quel veicolo poteva essere stato costruito in qualsiasi posto e da qualsiasi razza.
Per un istante si scoprì a pensare che non aveva idea di chi diavolo fosse Cassandra e che lingua parlasse. Non sapeva nemmeno se quel pianeta era abitato e da chi.
Presto lo avrebbe scoperto.
Il veicolo si fermò a un centinaio di metri dalla Ragazza di ferro, aleggiando aggraziato sul mare di fanghiglia. Dopo una breve pausa si era rimesso a piovere. La composizione dell’aria era ricca di gas velenosi e la stessa pioggia era acida.
Kail notò un quadrupede, simile a un cane ma con canini lunghissimi e cieco che inseguiva una specie di leprotto anch’esso decisamente bizzarro. Era uomo dallo stomaco forte ma quando il cacciatore macinò la preda tra le sue smisurate fauci, vedendo l’orrendo contorcersi della vittima e il suo sangue verdastro colare tra le fauci dello pseudo-cane non poté fare a meno di porre fine alla scena incenerendoli entrambi.
Si pentì subito perché rammentò che il veicolo alieno lo stava osservando e probabilmente stava giudicando le sue capacità: perdere il controllo per una semplice scena di caccia non era sintomo di grande autocontrollo…
…Il segnale di comunicazione in arrivo lo distolse dal turbine dei suoi pensieri. Prese un Kark per allentare la tensione e attese.
“Qui è il veicolo da sbarco del Corallo e io sono il comandante. Siamo una nave Denniz in esplorazione nella Desolazione. Stiamo cercano materie prime. Non abbiamo intenzioni ostili. Qual è il motivo del vostro viaggio su questo pianeta”.
Kail capì subito che il nuovo venuto, chiunque fosse, stava mentendo. Faceva il cacciatore di taglie da vent’anni ed era ancora vivo grazie al suo istinto.
Una nave Denniz non sarebbe entrata impunemente nella Desolazione: sebbene teoricamente fosse terra di nessuno, l’Impero la pattugliava costantemente e non vi avrebbe mai fatto entrare una delle razze più bellicose della galassia. Inoltre, i Denniz sarebbero stati veramente dei folli a cercare materie prime in quella topaia.
Decise di muoversi con cautela. A lui non interessava perché il Corallo, o come diavolo si chiamava quella nave, fosse su Earth.
A lui interessavano Cassandra e i suoi oggetti antichi.
“Questo è un mercantile Asturiano, io lavoro per la Corporazione Esterna. Sto indagando su una nave che è stata qui oltre tre mesi fa. Cerco una persona che credevo vivesse qui. Ora però non ne sono più così sicuro”.
“Cassandra. Lei cerca Cassandra, vero?”
“Come fa a conoscerla?”.
“Da quando stiamo girando per la Desolazione ne abbiamo spesso sentito parlare. Cassandra è un mito. Dicono che predisse la fine della razza umana ma che non fu creduta…”
“La razza umana non è morta…”
“Lo crede davvero? Lei è un umano, vero?”
“Certo. Questo dimostra che non ci siamo estinti…”
“Siete sparsi per decine di mondi, senza una patria salvo un Impero che non riconosce come umani coloro che non sono nati entro i suoi confini e che non vuole contatti con gli altri popoli della galassia: questo secondo lei è esistere come razza?”
Kail non aveva mai pensato alla cosa in questi termini ma ora si accorgeva che il nuovo venuto non aveva tutti i torti.
Non sapeva cosa dire e insistette sull’argomento che gli premeva di più, per non dover dar ragione all’alieno.
“Da quanto siete nella Desolazione? Io vengo da Proxima, qui vicino, ma non ho mai sentito parlare di Cassandra. Non dev’essere così famosa…”
“E’ famosa tra coloro che non accettano come stanno andando le cose nella galassia”.
“Sai dove posso trovarla?” Kail credeva di sapere già la risposta.
“Io sono Cassandra”.
“Possiamo incontrarci?”.
“Se lei è d’accordo salirò sulla sua nave. Così potremo tenere conciliabolo”.
3
Il veicolo di Cassandra attraccò alla Ragazza di ferrosenza difficoltà. I due vascelli furono uniti da un tubo di plastica automodellante che rese il passaggio a tenuta stagna. Kail decise di accogliere la sua ospite senza indossare l’esoscheletro da battaglia ma limitandosi a estrarre la lama atomica dal suo braccio destro e a mettere in allarme tutti i sistemi.
Per mettere subito in chiaro chi comandava nel loro incontro, Kail accese i filodiffusori della nave e l’abitacolo si riempì di una soffusa versione della ballata dei metalli, in un melodioso accento di Sirio.
Cassandra salì disarmata sulla Ragazza di ferro.
La prima cosa che Kail notò era che non era una Denniz né tanto meno un’ umana dei mondi esterni.
Era una donna dell’Impero.
Anche se non aveva mai visto un imperiale era impossibile sbagliarsi: non aveva protesi né gingilli biotec che le adornassero il corpo.
La figura, stretta in una tuta attillata era perfetta e proporzionata, di un’età indefinibile e dall’aspetto molto forte sebbene sembrasse più naturale di quello di qualsiasi esterno. Su Proxima, già a cinque – sei anni si vedevano le prime protesi meccaniche e i primi interventi bionici; questa donna, invece, poteva avere una trentina d’anni standard e non mostrava segni di modifiche.
In realtà il suo fisico era troppo statuario e il suo volto troppo perfetto per essere naturali: qualcuno era intervenuto in maniera così sottile e radicale da far impallidire qualsiasi programma di miglioramento dell’individuo dei Mondi Esterni.
Si diceva addirittura che gli imperiali avessero scoperto il modo di vivere in eterno. Quella donna, quindi, poteva avere decine di decadi.
Kail non credeva a questa scemenze: dell’Impero si diceva tutto e io contrario di tutto. Era il paradiso e il covo di tutti i babau della galassia.
Sebbene fosse molto più minuta di lui, comunque, la donna trasudava una sensazione di pericolosità che mise Kail a disagio.
Senza che lui le dicesse nulla, la donna si abbandonò con grazia su una poltroncina a repulsione gravitazionale, che aleggiava ad una quindicina di centimetri dal pavimento in linoleum dell’abitacolo. I suoi capelli castani cadevano in boccoli sulle spalle minute. Si accoccolò come una gatta pronta a graffiare, fissandolo con occhi che lo attraversavano come vibroralme. .
Il cacciatore di taglie la imitò sedendole di fronte: le torreggiava sopra, superandola di almeno una spanna in altezza.
“Dunque lei sarebbe Cassandra…” disse nel suo tono più minaccioso, fingendo di squadrarla come per giudicarla.
“Diciamo che questo è il nome con qui mi conoscono su questa topaia”. Il tono era seccato e Kail si sentì a disagio per l’irritazione di lei, senza capire il perché. Si sentiva come il bambino sorpreso con le dita nel barattolo di marmellata asturiana, nonostante fosse sulla sua nave e non avesse ancora detto o fatto nulla.
“Perché mi cercavi?”. La donna gli si rivolgeva senza cerimonie, come la maestra con l’alunno. In condizioni normali parlare con quel tono a Kail sarebbe stato equivalente a firmare la propria condanna a morte…ma non in quel momento, su quel pianeta e al cospetto di quella creatura: il cacciatore aveva la mente ottenebrata da qualcosa.
Era diventato una preda e lo sapeva, ma non poteva farci nulla.
“Ho trovato il tuo nome nella banca dati della nave di un uomo che ho consegnato alla giustizia….”
“Lo hai ucciso?”. Nella voce di Cassandra c’era rimprovero.
“Era un criminale….”
“Sapevi quello che aveva fatto?”
“No: aveva una taglia, questo mi è bastato. Questo mi basta sempre….”
Cassandra rise, chinando la testa all’indietro. Era la risata enigmatica e un po’ finta della prostituta che finge di essere corteggiata, ben sapendo che poco dopo le darai 600 crediti.
“Mi piacete vuoi esterni – pronunciò l’aggettivo in senso dispregiativo – diete così lineari. Acceso o spento, per voi non c’è altro. Sembrate uno di quei vecchi processori che funzionavamo in codice binario…”
Per un attimo Kail ebbe l’istinto di piazzare la lama atomica nel petto statuario della donna dell’Impero, ma la sua mente si ottenebrò nuovamente. Non riuscì ad impedire a Cassandra di avvicinarsi a lui.
In un attimo la donna gli fu sopra, strusciandosi sul suo corpo pieno di protesi, iniziando a baciarlo.
Kail si riprese dopo un tempo indefinito. Cassandra era di nuovo seduta sulla poltroncina a repulsione, composta e rilassata come dopo una bella dormita e una doccia tonificante. Lui era stanco, sudato e completamente inadeguato.
Si era fatto dominare da una donna, per di più una fragile e aristocratica imperiale con la puzza sotto al naso.
“Perché l’hai fatto?”
“Perché, come ti ho detto, voi esterni mi piacete. Ora, però, parliamo di affari. L’uomo che hai ammazzato era un mio corriere di anticaglie. La sua morte mi ha reso molto triste. Sei disposto a fare qualcosa per farti perdonare?”
La donna lo fissò nuovamente con quegli occhi profondi e mortali ma che, come un buco nero, lo attiravano senza speranza.
“Tutto ciò che vorrai”. Si sorprese a dire il cacciatore di taglie.
“Bene. Ti darò un po’ di mercanzia che potrai smerciare in tutti i Settori Esterni. Non mi importa cosa venderai né come. Mi basta avere la metà dei profitti. Ogni sei mesi verrai qui portandomi tessere di credito di Proxima, non quelle schifezze che usate nei Mondi Esterni. Se c’è qualcosa che ti interessa molto potrai tenerla”.
“Mi sembra un buono scambio…”.
“Anche a me. Se ti sarai comportato bene ti darò anche un altro po’ di zucchero…”. Aggiunse lei ammiccante.
La ragazza di ferro era pronta a partire, carica di oggetti fantastici che Kail mai avrebbe potuto immaginare. Capitelli di pietra finemente intagliati, pezzi di statue, materiale elettronico basato su cip al silicio: quella roba valeva milioni.
“Un’ultima cosa”. Cassandra aveva una tuta attillata bianca che, bagnata dall’umidità impressionante di quel mondo, mostrava capezzoli turgidi e ammiccanti.
“Tutto ciò che desideri”.
“Ho sentito che sei un appassionato della ballata dei metalli”.
“Ho tutte le versioni conosciute…”
“Non hai la versione originale, nella lingua pre-spaziale di chi la compose…”.
Kail trasalì.
“Impossibile!”
“Ascolta”. Cassandra gli porse uno strano oggetto arcaico, composto da un contenitore a forma di disco collegato da fili sottili a due tappini di materiale morbido. Il cacciatore era un collezionista e sapeva che si trattava di un antico oggetto per ascoltare musica, prima che i cip cerebrali permettessero di immagazzinare i file musicali direttamente nell’encefalo.
Quello che Cassandra gli fece ascoltare era il suono di tutti i cori del paradiso, una melodia potente e solenne e triste insieme, l’apoteosi di tutti i suoni.
Nessuna versione moderna della ballata aveva quella forza evocativa.
“Puoi apprezzarlo solo se lo ascolti con questo oggetto e quegli strumenti”.
“Hai ragione - Kail era commosso fino alla lacrime – anche l’idioma, però, è fondamentale. Davvero me lo dai gratuitamente…?”. Chiese tremante.
“Dovrai farmi solo un piccolo favore, poi torna qui che ti do il diffusore di musica e il supporto digitale”.
“Tutto ciò che vuoi”.
Lei gli spiegò tutto parlandogli all’orecchio, mentre gli tastava i testicoli e, di tanto in tanto, canticchiava quella ballata paradisiaca.
La donna dell’Impero si rilassò nella vasca ricolma di acqua e di principi nutritivi. Piccoli organismi bionici, invisibili senza un microscopio a scansione, le massaggiavano il corpo nudo in ogni più piccola cavità, risvegliando ogni suo nervo e muscolo.
Riparavano i danni alla cute, entravano nell’organismo uccidendo germi, e bloccando il processo di invecchiamento delle cellule.
Il bagno rigenerante era l’elisir di lunga vita. Grazie a quel procedimento quel corpo le durava ormai da trenta decadi e le sarebbe durato ancora una cinquantina d’anni, se nessuno le avesse sparato o se non le fossero venute malattie fulminanti.
In quel caso, a malincuore, avrebbe dovuto trasferire la sua coscienza in un altro corpo.
Era questo il grande segreto dell’Impero umano, che umano nel senso originale del termine none era più da secoli.
Si chiamava “travaso di coscienza” ed era, in definitiva, l’immortalità e l’eterna giovinezza. L’uomo che diventava Dio.
Se qualcuno avesse scoperto che c’erano riusciti sarebbe stata la fine. Gli esterni sarebbero piombati su di loro come locuste per carpire il segreto.
Solo mantenendo la razza pura, frutto di secoli di studi genetici era possibile il “travaso di coscienza”, ogni modifica al progetto sarebbe stata fatale.
Così diceva l’Imperatore.
Così sapevano i suoi sudditi. Egli, del resto, era sempre esistito, da quando l’Impero era stato fondato.
Per questo la donna che aveva detto di chiamarsi Cassandra aveva sedotto l’esterno, usando i potenti feromoni che aveva fatto aggiungere, decenni prima al suo già notevole corpo.
Potevano essere un’arma potente e il suo capo, nel palazzo della sagitta a Tellus aveva gradito l’idea.
Con quello scimmione dei Mondi Esterni era stata decisiva.
4
Den-zi-ar era un brutto pianeta dal cielo sempre rossastro. Molto vicino alla sua stella era caldo e umido. I Denniz erano biologicamente simili agli insetti umani ed erano organizzati come una federazione di famiglie che, in definitiva, funzionavano come un formicaio.
L’arena per il carstadera un’enorme gola tra le torri di duracciao di Hambata la capitale del pianeta e della Federazione Denniz.
Gli spalti brulicavano di esseri di tutte le razze e di tutti i pianeti. Questa marea di creature riempiva gli spalti, spingendo e urlando. Centinaia di agenti della guardia cittadina pattugliavano la zona, armati fino ai denti, con le caratteristiche uniformi cremisi che ne mettevano in risalto la pelle striata di giallo.
Kail sapeva che non avrebbe mai dato nell’occhio in mezzo a tutta quella folla di umani esterni, Denniz, Sentoriani e altre creature impossibili.
Il combattimento era riservato solo agli adulti e agli uomini, perché nella cultura Denniz era considerato troppo violento.
Il carstad era lo sport nazionale di quegli insetti. Ricordava le ancestrali lotte tra famiglie prima della Federazione. Era uno stupido combattimento senza regole che si teneva in una gabbia di vetracciaio, senza gravità e aria. I sei contendenti se le davano di santa ragione finché cinque di loro non cedevano, morendo o arrendendosi.
Tutto intorno la gente, impazzita, scommetteva tramite un microfono sui vari contendenti che, nudi ed armati armati di tutto punto facevano bella mostra di sé al centro della gabbia. Le quote delle scommesse venivano proiettate su altro maxischermo: il favorito era “Tigre d'Oro”. Kail, però, aveva scommesso sul più scarso, “Nero Spazio”. Faceva parte del suo articolato piano.
Nei mesi che erano passati dal suo incontro con Cassandra aveva a lungo riflettuto sulle implicazioni di ciò che stava per fare e sul fatto che fosse o meno giusto.
Non era uno sprovveduto e sapeva che accettare senza riflettere un incarico affidatogli da una donna dell’Impero su un pianeta morto e ammuffito non era molto prudente… soprattutto se l’incarico era l’omicidio di un importante scienziato della Corporazione Esterna, in visita a Den-zi-ar .
La politica galattica era molto complessa ma certamente quella morte non sarebbe passata inosservata.
Ogni volta che gli sorgevano dubbi, però, Kail veniva tranquillizzati dal paradisiaco suono della ballata che gli emergeva dalla memoria per pochi istanti, fermandosi alla prima strofa. Tutto durava pochi secondi e lui restava col desiderio di tornare ad ascoltarla e di poterlo fare per sempre ma non ci riusciva, nemmeno usando come base le versioni moderne che possedeva. Allora una voce nella sua testa diceva: “Fammi questo favore e l’avrai per sempre”. Subito apparivano quegli occhi incredibili che quasi lo perforavano.
Mentre la folla rombava intorno a lui, Kail ingoiò tre pastiglie di kark e si mosse.
Il suo obiettivo era seduto nella tribuna vip. Quando Kail era entrato gli avevano messo appositi sigilli magnetici alle armi che erano contenute nella sua protesi. Era una procedura standard nei Mondi Esterni, dove chiunque aveva addosso armi di ogni foggia e tipologia.
Non si erano, però, accorti che una delle sue protesi, la mano destra, era essa stessa un’arma. A una bioscansione sembrava una normale protesi biotec. In realtà nascondeva un modificatore sub-atomico piccolo ma micidiale, schermato da una serie di gingilli costosissimi.
Il cacciatore si fece strada senza difficoltà tra la folla che scommetteva e sottolineava con ululati e applausi i momenti topici dell’incontro. Si portò sino al bordo della gabbia, sporca di sangue.
Tigre d’oro stava vincendo. Aveva già sgozzato il “Guerriero senza volto” e si accingeva a fare lo stesso col “Ciclone umanoide”, che arrancava cercando di raggiungere il punto di resa, ferito in varie parti del corpo.
Kail attese che Tigre avesse sconfitto tutti gli avversari e che gli mancasse solo Nero Spazio, il più debole, quello che gli allibratori davano alle quote peggiori: come aveva supposto il campione aveva tenuto l’esordiente per ultimo, sottovalutandolo.
Era proprio quello che voleva il cacciatore di taglie. Accese il modificatore che agiva sulle particelle subatomiche di cui era composta la materia. La variazione era impercettibile ma poteva mandare in tilt apparecchiature e processori. Stranamente non funzionava con gli esseri viventi, salvo gli hellani.
Dopo pochi secondi esposizione, i controlli della gabbia saltarono, la gravità tornò e i due sfortunati gladiatori si sfracellarono al suolo in un turbinare di sangue. Non fu una fine eccessivamente dolorosa: la caduta aveva loro risparmiato il soffocamento.
La folla esplose di rabbia. Qualcosa non aveva funzionato e ora chi aveva scommesso sui due contendenti rimasti, non sapeva se avrebbe gioito o pianto: il pareggio non era contemplato dagli allibratori.
Tramite amici nel mondo dell’opposizione al governo denniz e della criminalità organizzata, Kail aveva poi messo in giro ad arte la voce che qualcuno avesse scommesso grosso su Nero Spazio e che tramasse qualcosa per farlo vincere.
Trecentomila tifosi urlanti, resi ciechi dall’alcol e dalle pesanti libagioni, impiegarono poco a credere che il guasto fosse pilotato.
TRUFFA! TRUFFA! si alzò dall'arena.
La marea umana iniziò ad ondeggiare, quasi danzando, poi il caos scoppiò come una bomba atomica: la gente attaccò il palco d'onore, la passerella crollò sotto i colpi della folla inferocita
I poliziotti, spaventati, spararono sulla gente e caos si sommò a caos. Uno degli schermi cadde sulla folla esplodendo. Il fuoco si propagò, attaccando tutte le strutture che circondavano l'arena, la folla iniziò a fuggire calpestando tutto e tutti.
Kail non aspettava altro. Approfittando della confusione si avvicinò alla tribuna vip e raggiunse lo scienziato della Corporazione.
Usò l’altra arma che era riuscito a far passare oltre i controlli dell’arena. Si trattata di uno dei reperti archeologici di Cassandra: un coltello a serramanico che lui aveva personalmente affiliato ma che le guardie non avevano riconosciuto come arma.
Tagliò la gola la gola del malcapitato meglio di una vibrolama.
Si dileguò tra la folla che sfasciava negozi, veicoli e cassonetti dei rifiuti.
La sommossa durò tredici ore e si allargò per tre quartieri della capitale Denniz. Opposizione politica, disobbedienti estremisti e criminalità organizzata cavalcarono i disordini. Alla fine ci furono trecento morti tra i rivoltosi e oltre quattrocento tra i poliziotti. Migliaia gli arrestati.
Solo quando fu sulla Ragazza di ferro, il cacciatore di taglie si accorse di aver perso il piccolo gingillo sentoriano con coi aveva occultato la lama atomica ai controlli.
5
Al sicuro sul suo potente incrociatore da guerra, la donna dell’Impero si rilassava nella vasca rigenerante.
Presto sarebbe stata a casa dai suoi figli e da suo marito. Le dispiaceva aver dovuto fare sesso con l’esterno ma ne era valsa la pena e, in fondo, era stato piacevole.
Avevano attirato Kail il pazzo su Earth, facendogli catturare un disgraziato che aveva inconsapevolmente fatto da esca. Lo avevano convinto a uccidere uno scienziato della Corporazione Esterna in visita nella capitale Denniz.
Kail era il miglior assassino prezzolato dei settori esterni ed aveva egregiamente portato a termine il compito: lo studioso, che un anno prima era riuscito a rubare una parte del segreto del “travaso di coscienza” in un laboratorio imperiale, era morto.
Stando alle informazioni della Sagitta, lo scienziato non era ancora riuscito a diffondere le informazioni e, quindi, si era portato il segreto nella tomba.
Il cacciatore di taglie, però, aveva fatto ancora meglio. Aveva lasciato una traccia sul luogo dell’omicidio.
La donna dell’Impero non sapeva se lo aveva fatto consapevolmente. Il risultato, però, è che Den-zi-ar aveva accusato i servizi segreti sentoriani di aver fomentato una rivolta e di aver ucciso lo scienziato che, per fortuna della Sagitta, era ricercato anche dai lucertoloni di Sentor per spionaggio.
La Corporazione Esterna, che pagava lo scienziato, aveva chiesto soddisfazione e, da due mesi, i tre contendenti erano in guerra.
Non solo il segreto dell’Impero era al sicuro nella tomba dello scienziato, quindi, ma tre dei suoi peggiori nemici si sarebbero scannati per un bel po’.
Tutto era andato a meraviglia. Era stata contenta di dare a Kail la sua canzone originale… e di avere con lui un altro bel rapporto sessuale, senza feromoni questa volta.
Era stato lavoro…ma molto piacevole e così l’esterno avrebbe fatto per lei tutto ciò che voleva anche in futuro.
Giusto o sbagliato è per l’Impero e quindi va fatto!
La Ragazza di ferro aleggiava in campo di steroidi. Chiuso nell’esosceletro da battaglia Kail il pazzo prese la mira.
Il Tizio con la taglia era un osso duro, ma se credeva di nascondersi dietro un asteroide aveva sbagliato di grosso. Il nuovo cannoncino antimateria che aveva acquistato vendendo i gingilli di Cassandra lo avrebbe incenerito anche dietro una luna di Proxima.
Ingoiò il kark.
Era riuscito dopo tanti tentativi a collegare l’antico diffusore di musica, tramite onde sub-luce, ai moderni emettitori di onde sonore del suo casco.
Mentre premeva il grilletto, incenerendo asteroidi in per tre Chilometri di diametro, Kail rideva, in estasi, mentre la versione originale della ballata dei metalli vibrava per tutto il suo essere:
So close, no matter how far,
couldn't be much more from the heart,
forever trusting who we are
and nothing else matters.
Never opened myself this way,
life is ours, we live it our way,
all these words I don't just say
and nothing else matters.
Trust, I seek and I find in you
every day for us something new,
open mind for a different view
and nothing else matters.
Never cared for what they do,
never cared for what they know,
but I know!
So close, no matter how far,
couldn't be much more from the heart,
forever trusting who we are
and nothing else matters.
Never cared for what they do,
never cared for what they know,
but I know!
I never opened myself this way,
life is ours, we live it our way,
all these words I don't just say
and nothing else matters.
Trust, I seek and I find in you
every day for us something new,
open mind for a different view
and nothing else matters.
Never cared for what the say,
never cared for games the play,
never cared for what they do,
never cared for what they know
and I know!
So close, no matter how far,
couldn't be much more from the heart,
forever trusting who we are
and nothing else matters.
Gli occhi di Cassandra erano dentro di lui e pulsavano nel suo essere come un cancro.
AUTORE - GABRIELE
La Ragazza di Ferro aleggiava tra i frammenti rocciosi che costituivano gli anelli del gigante gassoso. L’autopilota faceva correre la nave alla sessa velocità di orbita del grosso masso dietro cui era celata, così da farle mantenere una posizione fissa nel campo di detriti.
Il cacciatore di taglie puntò accuratamente il disintegratore contro l’astronauta che stava disperatamente tentando di riparare il mercantile in panne.
Il Tizio con la taglia aveva nascosto la sua nave dietro un asteroide grosso come una villetta a due piani e ora stava tentando di ripararla.
Non avrebbe fatto in tempo.
Sotto di loro i venti che striavano l’atmosfera rossastra del gigante gassoso, correvano a oltre 1800 chilometri all’ora. Il gigante riempiva tutto il campo visivo, come un’enorme voragine pulsante nello spazio.
Chiuso nell’esoscheletro da battaglia, fissato magneticamente alla sua nave, Kail il Pazzo prese accuratamente la mira. Non poteva semplicemente disintegrare il Tizio e la sua nave, perché doveva portare al governatore il cadavere per incassare il compenso. Doveva lavorare di fino.
Del resto era un professionista.
Non aveva la minima idea di cosa avesse fatto il Tizio ma era Ricercato vivo o mortodalla Corporazione Esterna e, per sua sfortuna, era rimasto a piedi con la sua carretta mentre veniva inseguito dalla famigerata Ragazza di Ferro .
L’uomo – se così si poteva chiamare – diede un colpetto affettuoso alla carlinga di duracciaio della sua nave. Era un robusto incrociatore Asturiano che lui aveva profondamente modificato e potenziato, nel corso di quasi un decennio di caccia ai fuorilegge in tutti i Settori Esterni.
Modificare una nave era una pratica comune in quelle zone, come del resto era comune spendere milioni di crediti per acquistare costose migliorie meccaniche per il proprio corpo. Kail ad esempio stava mirando alla sua preda con un precisissimo disintegratore a variazione magnetica montato nel suo braccio sinistro, dove erano alloggiati anche un lancia granate a concussione e una lama atomica.
Gli occhi che scrutavano lo spazio, alla ricerca del punto debole nella tuta spaziale del Tizio con la taglia erano sofisticati organi visivi biotec, capaci di vedere in qualsiasi condizione di luce. Dell’uomo di Proxima, dopo anni di interventi chirurgici, era rimasto ben poco.
Kail ingoiò una pastiglia di kark, una mistura di anfetamine, nicotina e droghe sintetiche che lo aiutava a concentrarsi. Chiuse il contatto e sparò.
Non si vide nessun fascio di luce. Il disintegratore scannerizzava il campo magnetico della preda e lo distorceva. Poteva colpire a non più di tre chilometri: se il Tizio con la taglia fosse stato più accorto avrebbe certamente individuato il suo assassino nascosto tra gli anelli del gigante.
Invece il disgraziato continuò a lavorare alla sua nave finché il suo campo magnetico non fu distorto irreparabilmente. Il comando delle bombole di ossigeno collassò e il Tizio iniziò a contorcersi, mentre soffocava.
Durò tutto pochi minuti.
Kail lo vide tentare disperatamente di raggiungere il portellone della sua nave. Lo vide mettere goffamente le mani guantate sul comando di apertura. Lo vide armeggiare inutilmente sui comandi, colto dalla frenesia di chi sa che sta per morire.
Quando la tuta spaziale con dentro il Tizio smise di muoversi e iniziò a galleggiare come un pupazzo nel gelido spazio, Kail sganciò l’esoscheletro da battaglia e lo diresse verso la sua preda.
Caricò il cadavere sulla Ragazza di ferro, in una capsula conservante, poi si occupò della nave del Tizio. L’avrebbe perquisita in cerca di informazioni e gingilli da prendere come parte della ricompensa. Spogliata di ogni cosa utile per lui e la sua nave, vuotata di carburante, l’avrebbe rimorchiata fino al primo mercato errante dove l’avrebbe venduta. Era una buona nave, sperava di farci su cinquanta o sessanta mila crediti.
Mentre lavorava, canticchiava la Ballata dei metalli. Era un’antica canzona popolare, nota da secoli agli uomini e tradotta un po’ in tutti i loro dialetti. Kail non sapeva perché si chiamasse così.
Era una canzone triste e solenne, che andava suonata con gli emulatori degli arcaici strumenti dell’era pre-spaziale. L’aveva imparata da sua madre su Proxima, uno dei mondi umani più antichi, e la cantava sempre alla fine di un lavoro: credeva che rappresentasse bene la sua natura di uomo solo.
Non mi sono mai aperto in questo modo,
la vita è nostra, la viviamo a nostro modo,
tutte queste parole che non mi limito semplicemente a dire
e nient'altro conta.
Fiducia, cerco e trovo in te
ogni giorno qualcosa di nuovo per noi,
apri la mente per una visione differente
e nient'altro conta.
Non mi sono mai preoccupato per ciò che dicono,
non mi sono mai preoccupato dei loro giochi,
non mi sono mai preoccupato per ciò che fanno,
non mi sono mai preoccupato per ciò che sanno…
Il cacciatore smise di cantare e osservò eccitato le informazioni che stava scaricando dal computer centrale della nave del Tizio. Dopo decine di informazioni inutili, il diario di bordo stava ora carpendo la sua attenzione: tre mesi prima, più o meno quando il Tizio era stato inserito nelle liste di proscrizione della Corporazione, quel disgraziato aveva fatto un viaggio nella Desolazione.
Kail conosceva bene la Desolazione. Era nato su Proxima, il pianeta abitato da uomini più vicino ad essa. Era una fascia di spazio, profonda un centinaio di anni luce, dove tutti i pianeti erano stati distrutti e resi inabitabili. Era accaduto dieci secoli prima, durante la Guerra Fratricida tra gli uomini.
Ora la Desolazione era una terra di nessuno tra i mondi esterni e l’Impero umano che, geloso della sua purezza etnica, non permetteva a nessun alieno e a nessun umano dell’esterno di entrare nei suoi confini.
Come mai il Tizio era stato nella Desolazione? Era forse quello il motivo per cui la Corporazione l’aveva proscritto? Kail lesse ancora più attentamente il diario di bordo.
A un tratto un nome lo fece fremere di curiosità.
Earth. Conosceva quel pianeta perché era ad appena quattro anni luce da Proxima. Come spesso accadeva ai mondi morti, aveva mantenuto un nome arcaico, legato ad un antico idioma.
Secondo gli studiosi era molto antico, tra i primi colonizzati dagli uomini. Secondo altri era addirittura la culla dell’umanità, ma questo era un primato che molti pianeti umani rivendicavano, a partire da Proxima stessa oltre, ovviamente, a Tellus capitale dell’Impero umano. Alcuni pensavano che il mondo d’origine degli uomini non esistesse più.
Le altre principali razze della galassia sapevano con chiarezza qual’era il loro mondo di origine. I Sentoriani avevano Sentor, i Denniz avevano Den-zi-ar, gli Hellani avevano Hella e così via.
Non esisteva un’Umania per gli umani.
Sarebbe andato su Earth per scoprire cosa il Tizio aveva combinato su quel pianeta. Non c’era un vero motivo, se non la curiosità morbosa che Kail provava nell’indagare le pieghe nascoste della vita delle sue vittime.
Avrebbe incassato la taglia, venduto la nave del Tizio e poi sarebbe andato nella Desolazione. Poteva ricavarne poco o nulla, non gli importava.
2
Su quel maledetto pianeta pioveva sempre.
La donna dell’Impero odiava stare in quel maleodorante inferno di venti e piogge. L’Impero era villette con giardini ordinati, città pulite, clima temperato, androidi servitori.
In una parola l’Impero era l’Ordine. Tutto ciò che era fuori di esso era il Caos.
Lei era sul quel mondo di merda, ai confini della Desolazione, proprio per difendere quell’ordine.
Era un’agente della Sagitta, il servizio segreto di Tellus. Non si poteva dire che amasse il suo lavoro, ma la fede cieca nell’ideale dell’Impero la rendeva un elemento di primordine nell’organizzazione.
Per questo c’era lei ad attendere l’esterno su Earth.
Il piano della Sagitta era contorno e rischioso, ma avrebbe assicurato altri secoli di pace e isolamento all’Impero.
Per questo stava andando ad incontrare l’uomo,
(se così si poteva chiamare)
che veniva dalla Corporazione Esterna.
Non sarebbe stato semplice.
Osservò la nave planare goffamente sull’acquitrino putrescente che era la superficie di Earth. Il piccolo incrociatore da guerra che l’aspettava sulla faccia nascosta della luna di quel mondo era aggraziato e letale. L’arnese che aveva portato sin lì l’Esterno, invece, sembra un porcospino metallico: era barbara ed evocava mondi selvaggi e pericolosi.
Kail aveva diretto la sua nave verso il centro di una grossa penisola, nei pressi dei tropici, che divideva in due parti un vasto mare interno che, ridotto ormai a un immenso lago, aveva allagato vaste aree che una volta erano state terre emerse.
Tutt’intorno a lui i sensori indicavano rovine. Mentre volava, però, si era reso conto erano rimasti in piedi solo pochi muri e che gli strumenti stavano indicando solo le fondamenta di quelle che dovevano essere state costruzioni imponenti.
Solo due edifici diroccati restavano in piedi in quella desolazione: una costruzione circolare simile a uno stadio per carstade un’enorme colonnato circolare che sembrava abbracciare quella che un tempo doveva essere tata una piazza e di cui rimanevano solo poche lastre di pietra semisommerse.
Kail guidò la Ragazza di ferro verso la piazza la lasciò fluttuare a pochi centimetri da terra: non voleva rischiare di impantanarsi. La piazza era una sorta di ellissi il cui centro era occupato da un grosso obelisco di pietra che emergeva inclinato dal fango come il dito di un cadavere. Sulla sua sommità una croce metallica tutta contorta sembra la mano di arrugginita di un automa mutilato. Spuntava di circa una ventina di metri ma i sensori indicavano che sprofondava nello strato melmoso per altrettanti metri. Sapeva cosa cercare ma non dove.
Ricordava perfettamente quello che aveva letto sul diario di bordo della nave del Tizio.
Data astrale: 69BFC
Sono atterrato su Earth alle ore 12.25. E’ un pianeta spettrale, con tutte quelle rovine. Alcuni sostengono che sia addirittura il luogo di origine dell’Umanità.
Non so se è vero, ma non vedo l’ora di lasciare questo cimitero.
Ho incontrato Cassandra alle coordinate omissis. Erano le ore 12.39, orario galattico standard.
Ho consegnato il carico. Mi ha pagato con la solita merce: reperti archeologici.
Alcuni sono veramente belli, risalgono forse addirittura all’era pre-iperspazio.
Kail commerciava in reperti antichi e ne era un collezionista accanito. Per questo doveva trovare Cassandra.
E farsi dare i suoi reperti più preziosi.
Le coordinate di incontro con Cassandra erano state criptate ma tra i vari gingilli che Kail aveva montato sulla Ragazza c’era anche un super processore neurale in grado di decrittare qualsiasi codice.
Il contrabbandiere hellano che glielo aveva venduto gli aveva assicurato che con quello era riuscito a leggere i database più segreti del governo del suo pianeta.
Il fatto che il contrabbandiere avesse una taglia da un milione di crediti sulla testa, offerta dal Ministero degli interni di Hella dimostrava che la sua tesi aveva qualche fondamento. Quando Kail aveva intascato la taglia per il contrabbandiere, però, non era riuscito a sapere dal funzionario che l’aveva pagato qual’era il reato per cui il malcapitato era diventato un vivo o morto.
Iniziò ad armeggiare col computer, tramite il cip neurale che era si era fatto impiantare proprio in quello che una volta era stato il suo cervelletto.
Mentre il suo cip dava ordini al programma decifratore, Kail scandagliava con i sensori i dintorni della nave.
C’erano rovine dappertutto. Rovine in pietra, in cemento, in metallo. Quel pianeta sembrava un museo di stili e tecniche architettoniche.
Non si stupì che qualcuno usasse quel mondo per contrabbandare reperti archeologici.
Il decifratore mandò un messaggio al suo cervello:
Errore: impossibile decifrare il codice
Kail ordinò di ripetere l’operazione.
Errore: PROGRAMMA TERMINATO. FORMATTAZIONE IN CORSO.
60 SECONDI AL TERMINE DEL PROCESSO…
Kail bestemmiò. Quel codice aveva mandato un comando di autodistruzione al suo costoso superprocessore.
SPEGNI TUTTO E BACKUPPA
Il computer di bordo iniziò a salvare i dati ed isolare le parti danneggiate.
Kail si rilassò. Chi poteva criptate così bene un codice? Un maledetto servizio segreto! Qualcosa di losco d’era sotto tutta la faccenda.
La cosa lo interessava molto.
Il segnale di allarme lo distolse dai suoi pensieri. Un veicolo di superficie si avvicinava.
Attivò tutte le armi e portò la nave a quattro metri da terra, puntando sul veicolo la torretta di prua, pronto a incenerirlo con una scarica di plasma.
Molto più a suo agio come guerriero che come pirata informatico, lanciò un messaggio su varie frequenze e in varie lingue.
“Sono Kail di Proxima, comandante della Ragazza di Ferro. Fatevi riconoscere. Non ho intenzioni ostili ma se mi attaccherete dovrò difendermi”.
Non ci fu risposta e il veicolo si fece più vicino. Era un grosso caccia di superficie di forma oblunga; ad una prima scansione risultò ben armato. La tecnologia poteva essere Denniz ma alcune caratteristiche non combaciavano.
La Desolazione era un rifugio per pirati e tagliagola e quel veicolo poteva essere stato costruito in qualsiasi posto e da qualsiasi razza.
Per un istante si scoprì a pensare che non aveva idea di chi diavolo fosse Cassandra e che lingua parlasse. Non sapeva nemmeno se quel pianeta era abitato e da chi.
Presto lo avrebbe scoperto.
Il veicolo si fermò a un centinaio di metri dalla Ragazza di ferro, aleggiando aggraziato sul mare di fanghiglia. Dopo una breve pausa si era rimesso a piovere. La composizione dell’aria era ricca di gas velenosi e la stessa pioggia era acida.
Kail notò un quadrupede, simile a un cane ma con canini lunghissimi e cieco che inseguiva una specie di leprotto anch’esso decisamente bizzarro. Era uomo dallo stomaco forte ma quando il cacciatore macinò la preda tra le sue smisurate fauci, vedendo l’orrendo contorcersi della vittima e il suo sangue verdastro colare tra le fauci dello pseudo-cane non poté fare a meno di porre fine alla scena incenerendoli entrambi.
Si pentì subito perché rammentò che il veicolo alieno lo stava osservando e probabilmente stava giudicando le sue capacità: perdere il controllo per una semplice scena di caccia non era sintomo di grande autocontrollo…
…Il segnale di comunicazione in arrivo lo distolse dal turbine dei suoi pensieri. Prese un Kark per allentare la tensione e attese.
“Qui è il veicolo da sbarco del Corallo e io sono il comandante. Siamo una nave Denniz in esplorazione nella Desolazione. Stiamo cercano materie prime. Non abbiamo intenzioni ostili. Qual è il motivo del vostro viaggio su questo pianeta”.
Kail capì subito che il nuovo venuto, chiunque fosse, stava mentendo. Faceva il cacciatore di taglie da vent’anni ed era ancora vivo grazie al suo istinto.
Una nave Denniz non sarebbe entrata impunemente nella Desolazione: sebbene teoricamente fosse terra di nessuno, l’Impero la pattugliava costantemente e non vi avrebbe mai fatto entrare una delle razze più bellicose della galassia. Inoltre, i Denniz sarebbero stati veramente dei folli a cercare materie prime in quella topaia.
Decise di muoversi con cautela. A lui non interessava perché il Corallo, o come diavolo si chiamava quella nave, fosse su Earth.
A lui interessavano Cassandra e i suoi oggetti antichi.
“Questo è un mercantile Asturiano, io lavoro per la Corporazione Esterna. Sto indagando su una nave che è stata qui oltre tre mesi fa. Cerco una persona che credevo vivesse qui. Ora però non ne sono più così sicuro”.
“Cassandra. Lei cerca Cassandra, vero?”
“Come fa a conoscerla?”.
“Da quando stiamo girando per la Desolazione ne abbiamo spesso sentito parlare. Cassandra è un mito. Dicono che predisse la fine della razza umana ma che non fu creduta…”
“La razza umana non è morta…”
“Lo crede davvero? Lei è un umano, vero?”
“Certo. Questo dimostra che non ci siamo estinti…”
“Siete sparsi per decine di mondi, senza una patria salvo un Impero che non riconosce come umani coloro che non sono nati entro i suoi confini e che non vuole contatti con gli altri popoli della galassia: questo secondo lei è esistere come razza?”
Kail non aveva mai pensato alla cosa in questi termini ma ora si accorgeva che il nuovo venuto non aveva tutti i torti.
Non sapeva cosa dire e insistette sull’argomento che gli premeva di più, per non dover dar ragione all’alieno.
“Da quanto siete nella Desolazione? Io vengo da Proxima, qui vicino, ma non ho mai sentito parlare di Cassandra. Non dev’essere così famosa…”
“E’ famosa tra coloro che non accettano come stanno andando le cose nella galassia”.
“Sai dove posso trovarla?” Kail credeva di sapere già la risposta.
“Io sono Cassandra”.
“Possiamo incontrarci?”.
“Se lei è d’accordo salirò sulla sua nave. Così potremo tenere conciliabolo”.
3
Il veicolo di Cassandra attraccò alla Ragazza di ferrosenza difficoltà. I due vascelli furono uniti da un tubo di plastica automodellante che rese il passaggio a tenuta stagna. Kail decise di accogliere la sua ospite senza indossare l’esoscheletro da battaglia ma limitandosi a estrarre la lama atomica dal suo braccio destro e a mettere in allarme tutti i sistemi.
Per mettere subito in chiaro chi comandava nel loro incontro, Kail accese i filodiffusori della nave e l’abitacolo si riempì di una soffusa versione della ballata dei metalli, in un melodioso accento di Sirio.
Cassandra salì disarmata sulla Ragazza di ferro.
La prima cosa che Kail notò era che non era una Denniz né tanto meno un’ umana dei mondi esterni.
Era una donna dell’Impero.
Anche se non aveva mai visto un imperiale era impossibile sbagliarsi: non aveva protesi né gingilli biotec che le adornassero il corpo.
La figura, stretta in una tuta attillata era perfetta e proporzionata, di un’età indefinibile e dall’aspetto molto forte sebbene sembrasse più naturale di quello di qualsiasi esterno. Su Proxima, già a cinque – sei anni si vedevano le prime protesi meccaniche e i primi interventi bionici; questa donna, invece, poteva avere una trentina d’anni standard e non mostrava segni di modifiche.
In realtà il suo fisico era troppo statuario e il suo volto troppo perfetto per essere naturali: qualcuno era intervenuto in maniera così sottile e radicale da far impallidire qualsiasi programma di miglioramento dell’individuo dei Mondi Esterni.
Si diceva addirittura che gli imperiali avessero scoperto il modo di vivere in eterno. Quella donna, quindi, poteva avere decine di decadi.
Kail non credeva a questa scemenze: dell’Impero si diceva tutto e io contrario di tutto. Era il paradiso e il covo di tutti i babau della galassia.
Sebbene fosse molto più minuta di lui, comunque, la donna trasudava una sensazione di pericolosità che mise Kail a disagio.
Senza che lui le dicesse nulla, la donna si abbandonò con grazia su una poltroncina a repulsione gravitazionale, che aleggiava ad una quindicina di centimetri dal pavimento in linoleum dell’abitacolo. I suoi capelli castani cadevano in boccoli sulle spalle minute. Si accoccolò come una gatta pronta a graffiare, fissandolo con occhi che lo attraversavano come vibroralme. .
Il cacciatore di taglie la imitò sedendole di fronte: le torreggiava sopra, superandola di almeno una spanna in altezza.
“Dunque lei sarebbe Cassandra…” disse nel suo tono più minaccioso, fingendo di squadrarla come per giudicarla.
“Diciamo che questo è il nome con qui mi conoscono su questa topaia”. Il tono era seccato e Kail si sentì a disagio per l’irritazione di lei, senza capire il perché. Si sentiva come il bambino sorpreso con le dita nel barattolo di marmellata asturiana, nonostante fosse sulla sua nave e non avesse ancora detto o fatto nulla.
“Perché mi cercavi?”. La donna gli si rivolgeva senza cerimonie, come la maestra con l’alunno. In condizioni normali parlare con quel tono a Kail sarebbe stato equivalente a firmare la propria condanna a morte…ma non in quel momento, su quel pianeta e al cospetto di quella creatura: il cacciatore aveva la mente ottenebrata da qualcosa.
Era diventato una preda e lo sapeva, ma non poteva farci nulla.
“Ho trovato il tuo nome nella banca dati della nave di un uomo che ho consegnato alla giustizia….”
“Lo hai ucciso?”. Nella voce di Cassandra c’era rimprovero.
“Era un criminale….”
“Sapevi quello che aveva fatto?”
“No: aveva una taglia, questo mi è bastato. Questo mi basta sempre….”
Cassandra rise, chinando la testa all’indietro. Era la risata enigmatica e un po’ finta della prostituta che finge di essere corteggiata, ben sapendo che poco dopo le darai 600 crediti.
“Mi piacete vuoi esterni – pronunciò l’aggettivo in senso dispregiativo – diete così lineari. Acceso o spento, per voi non c’è altro. Sembrate uno di quei vecchi processori che funzionavamo in codice binario…”
Per un attimo Kail ebbe l’istinto di piazzare la lama atomica nel petto statuario della donna dell’Impero, ma la sua mente si ottenebrò nuovamente. Non riuscì ad impedire a Cassandra di avvicinarsi a lui.
In un attimo la donna gli fu sopra, strusciandosi sul suo corpo pieno di protesi, iniziando a baciarlo.
Kail si riprese dopo un tempo indefinito. Cassandra era di nuovo seduta sulla poltroncina a repulsione, composta e rilassata come dopo una bella dormita e una doccia tonificante. Lui era stanco, sudato e completamente inadeguato.
Si era fatto dominare da una donna, per di più una fragile e aristocratica imperiale con la puzza sotto al naso.
“Perché l’hai fatto?”
“Perché, come ti ho detto, voi esterni mi piacete. Ora, però, parliamo di affari. L’uomo che hai ammazzato era un mio corriere di anticaglie. La sua morte mi ha reso molto triste. Sei disposto a fare qualcosa per farti perdonare?”
La donna lo fissò nuovamente con quegli occhi profondi e mortali ma che, come un buco nero, lo attiravano senza speranza.
“Tutto ciò che vorrai”. Si sorprese a dire il cacciatore di taglie.
“Bene. Ti darò un po’ di mercanzia che potrai smerciare in tutti i Settori Esterni. Non mi importa cosa venderai né come. Mi basta avere la metà dei profitti. Ogni sei mesi verrai qui portandomi tessere di credito di Proxima, non quelle schifezze che usate nei Mondi Esterni. Se c’è qualcosa che ti interessa molto potrai tenerla”.
“Mi sembra un buono scambio…”.
“Anche a me. Se ti sarai comportato bene ti darò anche un altro po’ di zucchero…”. Aggiunse lei ammiccante.
La ragazza di ferro era pronta a partire, carica di oggetti fantastici che Kail mai avrebbe potuto immaginare. Capitelli di pietra finemente intagliati, pezzi di statue, materiale elettronico basato su cip al silicio: quella roba valeva milioni.
“Un’ultima cosa”. Cassandra aveva una tuta attillata bianca che, bagnata dall’umidità impressionante di quel mondo, mostrava capezzoli turgidi e ammiccanti.
“Tutto ciò che desideri”.
“Ho sentito che sei un appassionato della ballata dei metalli”.
“Ho tutte le versioni conosciute…”
“Non hai la versione originale, nella lingua pre-spaziale di chi la compose…”.
Kail trasalì.
“Impossibile!”
“Ascolta”. Cassandra gli porse uno strano oggetto arcaico, composto da un contenitore a forma di disco collegato da fili sottili a due tappini di materiale morbido. Il cacciatore era un collezionista e sapeva che si trattava di un antico oggetto per ascoltare musica, prima che i cip cerebrali permettessero di immagazzinare i file musicali direttamente nell’encefalo.
Quello che Cassandra gli fece ascoltare era il suono di tutti i cori del paradiso, una melodia potente e solenne e triste insieme, l’apoteosi di tutti i suoni.
Nessuna versione moderna della ballata aveva quella forza evocativa.
“Puoi apprezzarlo solo se lo ascolti con questo oggetto e quegli strumenti”.
“Hai ragione - Kail era commosso fino alla lacrime – anche l’idioma, però, è fondamentale. Davvero me lo dai gratuitamente…?”. Chiese tremante.
“Dovrai farmi solo un piccolo favore, poi torna qui che ti do il diffusore di musica e il supporto digitale”.
“Tutto ciò che vuoi”.
Lei gli spiegò tutto parlandogli all’orecchio, mentre gli tastava i testicoli e, di tanto in tanto, canticchiava quella ballata paradisiaca.
La donna dell’Impero si rilassò nella vasca ricolma di acqua e di principi nutritivi. Piccoli organismi bionici, invisibili senza un microscopio a scansione, le massaggiavano il corpo nudo in ogni più piccola cavità, risvegliando ogni suo nervo e muscolo.
Riparavano i danni alla cute, entravano nell’organismo uccidendo germi, e bloccando il processo di invecchiamento delle cellule.
Il bagno rigenerante era l’elisir di lunga vita. Grazie a quel procedimento quel corpo le durava ormai da trenta decadi e le sarebbe durato ancora una cinquantina d’anni, se nessuno le avesse sparato o se non le fossero venute malattie fulminanti.
In quel caso, a malincuore, avrebbe dovuto trasferire la sua coscienza in un altro corpo.
Era questo il grande segreto dell’Impero umano, che umano nel senso originale del termine none era più da secoli.
Si chiamava “travaso di coscienza” ed era, in definitiva, l’immortalità e l’eterna giovinezza. L’uomo che diventava Dio.
Se qualcuno avesse scoperto che c’erano riusciti sarebbe stata la fine. Gli esterni sarebbero piombati su di loro come locuste per carpire il segreto.
Solo mantenendo la razza pura, frutto di secoli di studi genetici era possibile il “travaso di coscienza”, ogni modifica al progetto sarebbe stata fatale.
Così diceva l’Imperatore.
Così sapevano i suoi sudditi. Egli, del resto, era sempre esistito, da quando l’Impero era stato fondato.
Per questo la donna che aveva detto di chiamarsi Cassandra aveva sedotto l’esterno, usando i potenti feromoni che aveva fatto aggiungere, decenni prima al suo già notevole corpo.
Potevano essere un’arma potente e il suo capo, nel palazzo della sagitta a Tellus aveva gradito l’idea.
Con quello scimmione dei Mondi Esterni era stata decisiva.
4
Den-zi-ar era un brutto pianeta dal cielo sempre rossastro. Molto vicino alla sua stella era caldo e umido. I Denniz erano biologicamente simili agli insetti umani ed erano organizzati come una federazione di famiglie che, in definitiva, funzionavano come un formicaio.
L’arena per il carstadera un’enorme gola tra le torri di duracciao di Hambata la capitale del pianeta e della Federazione Denniz.
Gli spalti brulicavano di esseri di tutte le razze e di tutti i pianeti. Questa marea di creature riempiva gli spalti, spingendo e urlando. Centinaia di agenti della guardia cittadina pattugliavano la zona, armati fino ai denti, con le caratteristiche uniformi cremisi che ne mettevano in risalto la pelle striata di giallo.
Kail sapeva che non avrebbe mai dato nell’occhio in mezzo a tutta quella folla di umani esterni, Denniz, Sentoriani e altre creature impossibili.
Il combattimento era riservato solo agli adulti e agli uomini, perché nella cultura Denniz era considerato troppo violento.
Il carstad era lo sport nazionale di quegli insetti. Ricordava le ancestrali lotte tra famiglie prima della Federazione. Era uno stupido combattimento senza regole che si teneva in una gabbia di vetracciaio, senza gravità e aria. I sei contendenti se le davano di santa ragione finché cinque di loro non cedevano, morendo o arrendendosi.
Tutto intorno la gente, impazzita, scommetteva tramite un microfono sui vari contendenti che, nudi ed armati armati di tutto punto facevano bella mostra di sé al centro della gabbia. Le quote delle scommesse venivano proiettate su altro maxischermo: il favorito era “Tigre d'Oro”. Kail, però, aveva scommesso sul più scarso, “Nero Spazio”. Faceva parte del suo articolato piano.
Nei mesi che erano passati dal suo incontro con Cassandra aveva a lungo riflettuto sulle implicazioni di ciò che stava per fare e sul fatto che fosse o meno giusto.
Non era uno sprovveduto e sapeva che accettare senza riflettere un incarico affidatogli da una donna dell’Impero su un pianeta morto e ammuffito non era molto prudente… soprattutto se l’incarico era l’omicidio di un importante scienziato della Corporazione Esterna, in visita a Den-zi-ar .
La politica galattica era molto complessa ma certamente quella morte non sarebbe passata inosservata.
Ogni volta che gli sorgevano dubbi, però, Kail veniva tranquillizzati dal paradisiaco suono della ballata che gli emergeva dalla memoria per pochi istanti, fermandosi alla prima strofa. Tutto durava pochi secondi e lui restava col desiderio di tornare ad ascoltarla e di poterlo fare per sempre ma non ci riusciva, nemmeno usando come base le versioni moderne che possedeva. Allora una voce nella sua testa diceva: “Fammi questo favore e l’avrai per sempre”. Subito apparivano quegli occhi incredibili che quasi lo perforavano.
Mentre la folla rombava intorno a lui, Kail ingoiò tre pastiglie di kark e si mosse.
Il suo obiettivo era seduto nella tribuna vip. Quando Kail era entrato gli avevano messo appositi sigilli magnetici alle armi che erano contenute nella sua protesi. Era una procedura standard nei Mondi Esterni, dove chiunque aveva addosso armi di ogni foggia e tipologia.
Non si erano, però, accorti che una delle sue protesi, la mano destra, era essa stessa un’arma. A una bioscansione sembrava una normale protesi biotec. In realtà nascondeva un modificatore sub-atomico piccolo ma micidiale, schermato da una serie di gingilli costosissimi.
Il cacciatore si fece strada senza difficoltà tra la folla che scommetteva e sottolineava con ululati e applausi i momenti topici dell’incontro. Si portò sino al bordo della gabbia, sporca di sangue.
Tigre d’oro stava vincendo. Aveva già sgozzato il “Guerriero senza volto” e si accingeva a fare lo stesso col “Ciclone umanoide”, che arrancava cercando di raggiungere il punto di resa, ferito in varie parti del corpo.
Kail attese che Tigre avesse sconfitto tutti gli avversari e che gli mancasse solo Nero Spazio, il più debole, quello che gli allibratori davano alle quote peggiori: come aveva supposto il campione aveva tenuto l’esordiente per ultimo, sottovalutandolo.
Era proprio quello che voleva il cacciatore di taglie. Accese il modificatore che agiva sulle particelle subatomiche di cui era composta la materia. La variazione era impercettibile ma poteva mandare in tilt apparecchiature e processori. Stranamente non funzionava con gli esseri viventi, salvo gli hellani.
Dopo pochi secondi esposizione, i controlli della gabbia saltarono, la gravità tornò e i due sfortunati gladiatori si sfracellarono al suolo in un turbinare di sangue. Non fu una fine eccessivamente dolorosa: la caduta aveva loro risparmiato il soffocamento.
La folla esplose di rabbia. Qualcosa non aveva funzionato e ora chi aveva scommesso sui due contendenti rimasti, non sapeva se avrebbe gioito o pianto: il pareggio non era contemplato dagli allibratori.
Tramite amici nel mondo dell’opposizione al governo denniz e della criminalità organizzata, Kail aveva poi messo in giro ad arte la voce che qualcuno avesse scommesso grosso su Nero Spazio e che tramasse qualcosa per farlo vincere.
Trecentomila tifosi urlanti, resi ciechi dall’alcol e dalle pesanti libagioni, impiegarono poco a credere che il guasto fosse pilotato.
TRUFFA! TRUFFA! si alzò dall'arena.
La marea umana iniziò ad ondeggiare, quasi danzando, poi il caos scoppiò come una bomba atomica: la gente attaccò il palco d'onore, la passerella crollò sotto i colpi della folla inferocita
I poliziotti, spaventati, spararono sulla gente e caos si sommò a caos. Uno degli schermi cadde sulla folla esplodendo. Il fuoco si propagò, attaccando tutte le strutture che circondavano l'arena, la folla iniziò a fuggire calpestando tutto e tutti.
Kail non aspettava altro. Approfittando della confusione si avvicinò alla tribuna vip e raggiunse lo scienziato della Corporazione.
Usò l’altra arma che era riuscito a far passare oltre i controlli dell’arena. Si trattata di uno dei reperti archeologici di Cassandra: un coltello a serramanico che lui aveva personalmente affiliato ma che le guardie non avevano riconosciuto come arma.
Tagliò la gola la gola del malcapitato meglio di una vibrolama.
Si dileguò tra la folla che sfasciava negozi, veicoli e cassonetti dei rifiuti.
La sommossa durò tredici ore e si allargò per tre quartieri della capitale Denniz. Opposizione politica, disobbedienti estremisti e criminalità organizzata cavalcarono i disordini. Alla fine ci furono trecento morti tra i rivoltosi e oltre quattrocento tra i poliziotti. Migliaia gli arrestati.
Solo quando fu sulla Ragazza di ferro, il cacciatore di taglie si accorse di aver perso il piccolo gingillo sentoriano con coi aveva occultato la lama atomica ai controlli.
5
Al sicuro sul suo potente incrociatore da guerra, la donna dell’Impero si rilassava nella vasca rigenerante.
Presto sarebbe stata a casa dai suoi figli e da suo marito. Le dispiaceva aver dovuto fare sesso con l’esterno ma ne era valsa la pena e, in fondo, era stato piacevole.
Avevano attirato Kail il pazzo su Earth, facendogli catturare un disgraziato che aveva inconsapevolmente fatto da esca. Lo avevano convinto a uccidere uno scienziato della Corporazione Esterna in visita nella capitale Denniz.
Kail era il miglior assassino prezzolato dei settori esterni ed aveva egregiamente portato a termine il compito: lo studioso, che un anno prima era riuscito a rubare una parte del segreto del “travaso di coscienza” in un laboratorio imperiale, era morto.
Stando alle informazioni della Sagitta, lo scienziato non era ancora riuscito a diffondere le informazioni e, quindi, si era portato il segreto nella tomba.
Il cacciatore di taglie, però, aveva fatto ancora meglio. Aveva lasciato una traccia sul luogo dell’omicidio.
La donna dell’Impero non sapeva se lo aveva fatto consapevolmente. Il risultato, però, è che Den-zi-ar aveva accusato i servizi segreti sentoriani di aver fomentato una rivolta e di aver ucciso lo scienziato che, per fortuna della Sagitta, era ricercato anche dai lucertoloni di Sentor per spionaggio.
La Corporazione Esterna, che pagava lo scienziato, aveva chiesto soddisfazione e, da due mesi, i tre contendenti erano in guerra.
Non solo il segreto dell’Impero era al sicuro nella tomba dello scienziato, quindi, ma tre dei suoi peggiori nemici si sarebbero scannati per un bel po’.
Tutto era andato a meraviglia. Era stata contenta di dare a Kail la sua canzone originale… e di avere con lui un altro bel rapporto sessuale, senza feromoni questa volta.
Era stato lavoro…ma molto piacevole e così l’esterno avrebbe fatto per lei tutto ciò che voleva anche in futuro.
Giusto o sbagliato è per l’Impero e quindi va fatto!
La Ragazza di ferro aleggiava in campo di steroidi. Chiuso nell’esosceletro da battaglia Kail il pazzo prese la mira.
Il Tizio con la taglia era un osso duro, ma se credeva di nascondersi dietro un asteroide aveva sbagliato di grosso. Il nuovo cannoncino antimateria che aveva acquistato vendendo i gingilli di Cassandra lo avrebbe incenerito anche dietro una luna di Proxima.
Ingoiò il kark.
Era riuscito dopo tanti tentativi a collegare l’antico diffusore di musica, tramite onde sub-luce, ai moderni emettitori di onde sonore del suo casco.
Mentre premeva il grilletto, incenerendo asteroidi in per tre Chilometri di diametro, Kail rideva, in estasi, mentre la versione originale della ballata dei metalli vibrava per tutto il suo essere:
So close, no matter how far,
couldn't be much more from the heart,
forever trusting who we are
and nothing else matters.
Never opened myself this way,
life is ours, we live it our way,
all these words I don't just say
and nothing else matters.
Trust, I seek and I find in you
every day for us something new,
open mind for a different view
and nothing else matters.
Never cared for what they do,
never cared for what they know,
but I know!
So close, no matter how far,
couldn't be much more from the heart,
forever trusting who we are
and nothing else matters.
Never cared for what they do,
never cared for what they know,
but I know!
I never opened myself this way,
life is ours, we live it our way,
all these words I don't just say
and nothing else matters.
Trust, I seek and I find in you
every day for us something new,
open mind for a different view
and nothing else matters.
Never cared for what the say,
never cared for games the play,
never cared for what they do,
never cared for what they know
and I know!
So close, no matter how far,
couldn't be much more from the heart,
forever trusting who we are
and nothing else matters.
Gli occhi di Cassandra erano dentro di lui e pulsavano nel suo essere come un cancro.
AUTORE - GABRIELE
17 novembre 2005
ChIaRiMenTo DoVuTo
Questo post è solo per chiarire che nessuno degli scrittori ha OFFESO il primo Anonimo giunto in questa terra nascosta che è XOMEGAP.
Pertanto invito L'anonimo a continuare tranquillamente a commentare con le sue SINOSSI i nostri racconti. Le critiche come le lusinghe, se costruttive son bene accette.
Rimane comunque inevitabile che anche altri possano esprimere i loro pensieri sia sui RACCONTI che sui COMMENTI.
Sta di fatto e ribadisco che gli Scrittori sono estranei a tutti i commenti fatti dagli Anonimi ;-)
Lancio un sorriso a chicchessia e porgo un inchino a vossignoria
Sempre vostro - Bookmaster :-)
Pertanto invito L'anonimo a continuare tranquillamente a commentare con le sue SINOSSI i nostri racconti. Le critiche come le lusinghe, se costruttive son bene accette.
Rimane comunque inevitabile che anche altri possano esprimere i loro pensieri sia sui RACCONTI che sui COMMENTI.
Sta di fatto e ribadisco che gli Scrittori sono estranei a tutti i commenti fatti dagli Anonimi ;-)
Lancio un sorriso a chicchessia e porgo un inchino a vossignoria
Sempre vostro - Bookmaster :-)
Iscriviti a:
Post (Atom)