La nostra idea generale è quella
di creare da due a quattro linee narrative diversificando il più possibile le
storie, sia come tono che come ambientazione. Probabilmente, se qualcuno ce le
proporrà, sceglieremo almeno una linea narrativa umoristica, una più improntata
alla magia e un’altra con un tono più realistico.
Buona lettura e scrittura a tutti! ;-)
PROLOGO
La porta della locanda del
Cinghiale Rannicchiato si aprì facendo entrare uno scroscio di pioggia.
***
I quattro avventurieri erano seduti
attorno a lui, più o meno intenti ad ascoltarlo.
Ai miei nuovi compagni
d’avventura sembra importare veramente qualcosa di questa storia della
principessa. Ottimi attori, non c’è che dire. Mercenari. Non avrei mai
immaginato di unirmi a un gruppo di soggetti così poco raccomandabili. Ma si
sa, quando mancano i soldi, anche la più nobile delle persone si riduce ad
accettare qualsiasi proposta. Maledizione.
Percorso B - autore MARCO MERAGLIA
Io e i miei tre compagni, rimasti
soli, ci guardammo in faccia l’un l’altro, dubbiosi e incerti. Riconobbi la
nana Tesla che si diceva possedesse poteri magici, e li aveva davvero, se far
appassire un faggio con un colpo di alito può essere considerata magia. Secondo
la leggenda Roccabruciata fu opera sua. Alle origini, infatti, Roccabruciata si
chiamava Roccafiorita e pare fosse una bellissima città in collina, ricca di
paesaggi e vegetazione, e tutti i turisti rimanevano a bocca aperta nel
visitarla! E infatti durante una vacanza estiva la nana Tesla soggiornò lì un
paio di giorni lì e non ci fu più nulla da fare. Rimase troppo tempo a bocca
aperta. C’era poi Zena, l’elfa ninja, che indossava sempre un cappuccio sulla
testa perché si vergognava dalle sue doppie punte. E come darle torto. Orecchie
a doppie punte come le sue non se ne vedevano molte in giro tra gli elfi. C’era
poi il chierico Prego che aveva preso la via dei voti quando a vent’anni si era
ritrovato completamente pelato sul cucuzzolo ed allora aveva pensato bene di
farsi frate per dire “Non sono pelato, è l’ordine che mi impone di portare i
capelli così”. Ed infine c’ero io, il bardo Solfa, chiamato così perché
componevo tutte le mie canzoni usando solo due accordi, il sol e il fa, un po’
come gli Uandairecscions, una band di gnomi che spopolava tra le nanette del
Regno.
CAPITOLO 2 - IL VILLAGGIO
MALEDETTO
La faccenda della bussola si è
conclusa al meglio, è vero, ma l' istinto continua a ripetermi di non abbassare
la guardia. Perché nell'istante stesso in cui abbiamo messo piede in questo
villaggio, che non pare né reale né raccomandabile, la dannata inquietudine non
mi ha mai abbandonata.
E' comunque davvero un grande
peccato che non abbiano capito.
Percorso B - autore MARCELLA GERACI
Era uno strano villaggio. In giro
non c’era nessuno e le case sembravano cubi di gesso, con porte e finestre
chiuse. Mi guardavo intorno perplesso e cercavo conforto negli occhi dei miei
compagni di viaggio, che non davano però l’impressione di saperne più di me.
Quelle quattro case avevano proprio l’aria di essere state abbandonate da molti
anni, senza neppure l’ombra di un grido, il vagito di un neonato o il latrato
di un cane. Eppure il mio orologio faceva circa le sette del mattino e la
poggia della notte era finita già da un po’.
________________________________________________________________
Dalla bottiglia di gin che ergo
sopra la mia bocca spalancata scende un' unica goccia: è già finita. La scuoto
un po', ma così facendo la faccio sbattere violentemente contro il mio labbro
inferiore. Guaisco di dolore mentre Zena mi guarda con disprezzo.
Percorso A2 - autore ROBERTA
SULAS
Se non fosse che gli elfi, per
loro natura, sono esseri leali ed affidabili mai avrei
creduto a ciò che Zena, con sue parole , ci ha narrato. Eppure anche l'arsura
pare ormai un ricordo...
“VILLAGGIO DI UHT IL MAGNIFICO”
Mentre già vaneggio per la
sorte che ci attende scorgo Tesla, accomodata su di un lembo erboso,
intenta nella lettura dei suoi antichi sassi; Zena e Prego lì accanto.
Camminiamo con passo leggero
destreggiandoci tra chioschi e bracieri, fattucchiere e abili flautisti e
riuscendo anche un poco a ristorarci, mentre Zena scruta guardinga tutt'
intorno.
“In seguito, è da dirsi,
“Il seguito, miei cari spettatori
Son plausi quel che sento!
Percorso B - autore PAOLO
BORGHI
Il piano era semplice. A Zena
spettava il compito di catturare un abitante del villaggio, appena fosse uscito
a sbrigare le sue mansioni, nella speranza che potesse esserci d’aiuto. Per
questo si era appostata su un albero, armata del fazzoletto magico. A noi, il
compito di riflettere sulle mosse successive. Solfa, per esempio, si era scelto
un cantuccio da cui spiare l’elfa. Tesla, invece, sonnecchiava.
CAPITOLO 4 - IL CASTELLO DEL
MALVAGIO UHT E LA LIBERAZIONE DI PENELOPE
“Le cose non sono mai come sembrano”. Il suono
della voce di Prego risuona nella grotta in cui siamo stati confinati.
“Sì” commento. “Sono sempre peggio”.
“Peggio o meglio, diverse, Tesla”.
Sto per ribattere quando un’eco metallica
conferma che, dopo la notte trascorsa nella segreta, stiamo forse per
incontrare il nostro destino.
“Ci uccideranno” dico, spaventata.
Lo stridio di una grata è la prova che qualcuno
sta scendendo all’inferno. Ricordo poco di come siamo finiti nella segreta, ma
la trappola in cui siamo caduti dimostra la potenza delle forze che tramano
contro di noi.
“Trovo strano che non ci abbiano già eliminati”
afferma il chierico.
Quando odo lo scalpiccio davanti alla cella, mi
ritraggo, memore delle parole profetiche di Prego. Tra due orchi appare una
figuretta diafana, la cui corporeità appare irreale in quel buco di
disperazione. I due orchi consentono alla creatura, qualunque sia la sua
natura, di farsi avanti. L’apparizione ha l’effetto di rischiarare l’atmosfera,
e sui volti dei miei compari di sventura si dipinge uno stupore timoroso. Ci
fronteggia una ragazza di una bellezza sconvolgente, il cui aspetto dimostra
che da qualche parte nel mondo esiste la grazia allo stato puro, figlia della
speranza di poter modificare i grami destini dei viventi.
“Sei Penelope!” esclama Prego. “E sei venuta per
consegnarci a Uht”.
La ragazza gli sorride.
“Non vi verrà fatto alcun male. Uht, il mio
sposo, vuole parlarvi” conferma dolcemente l’apparizione.
“Siamo venuti per liberarti e…” tenta di
intromettersi Solfa, ma basta uno sguardo di Penelope per zittirlo.
“Venite, non abbiamo tempo”.
Gli orchi ci scortano in un labirinto
sotterraneo fino a un salone sobrio e luminoso. In quel tortuoso percorso noto
che il castello è deserto e poco presidiato e mi chiedo cosa impedisse a
Rodrigo di conquistarlo. Perché il padre di Penelope ha dovuto ingaggiarci, se
gli sarebbe bastata una banda di servi per riprendersi la figlia?
Trascorsi pochi istanti, dalla porta che si apre
sul fondo entra un uomo che mostra una trentina di anni appena, alto e con un
portamento da principe. Si ferma a pochi passi e si presenta: “Sono Uht”
dichiara, “il principe dei Goblin”.
Alla sua affermazione ci ritraiamo. Da che mondo
è mondo la guerra contro i Goblin si è sempre presa le vite migliori, e i
governi trovano ogni scusa per aumentare le tasse e tenere il paese sotto
scacco. Del resto, anche nella mia terra è instillata nei bambini l’idea della
perfida natura dei Goblin, esseri mostruosi per definizione. Tuttavia Uht non
sembra un mostro. Nelle sue fattezze posso leggere, invece, una nobiltà che
sfugge alla comprensione. “Dicono che io sia un negromante” prosegue l’uomo, “e
può essere che io lo sia. Ma la vostra venuta prova che il destino si è
compiuto. Siete stati seguiti, e presto l’esercito di Rodrigo irromperà per il
passaggio che vi ha condotto qui. La mia magia non può nulla contro la
pervicacia di quell’uomo. Penelope ha compreso la crudeltà del padre molti anni
fa, quando accettò di condividere con me la necessità di porre fine alla guerra
con i Globlin. Avrei potuto ucciderla, stante la definizione malvagia che i
vostri signori danno di noi Goblin. Non voleva credere che suo padre
prosperasse sulla guerra. Ma poi il nostro ricongiungimento ha messo in moto la
storia.”
“La nostra missione è stata dunque senza scopo?”
chiedo, facendomi avanti.
“Al contrario. Il mio amore per Penelope è stato
il catalizzatore di un destino ineluttabile. La vostra venuta è il suggello
finale per il nostro piano. Questo luogo è qualcosa di diverso da quanto
appaia. Lo capirete solo quando sarete in salvo.”
“Ci state liberando?” chiedo, speranzosa.
“Sì, qualcuno deve portare al mondo la buona
novella. I nostri popoli possono prosperare solo nella pace” interviene
Penelope dando il braccio all’innamorato. In quell’istante la nostra attenzione
viene attratta da un fragore di battaglia che proviene dall’esterno del salone.
“Sono gli uomini di Rodrigo” dice Uht. “Sono passati dal condotto. Sono ormai
padroni del castello. Lui stesso è qui, lo sento. Avrà buon gioco contro i
nostri Orchi”.
“Ma è stato uno dei tuoi a suggerirci quel
passaggio per poi dimostrarci che ci aveva tradito!” esclamo.
“Era l’unico modo per indicare una via sicura a
Rodrigo. Tra di voi una sua spia ha sempre tenuto informato il suo padrone. Era
Rodrigo che volevamo attrarre qui, non voi!”
“Una spia?”chiede la voce querula di Prego.
“Impossibile…”
“Sì, chierico. E tu eri l’unico che poteva
tenersi in contatto con Rodrigo tramite i poteri spirituali che hai sempre
spacciato per altro” sentenzia Uht.
Fissiamo increduli Prego, ma il suo sguardo di
disprezzo ci trapassa, confermando le accuse.
“Credevate davvero che Rodrigo confidasse in
rifiuti come voi?”esclama con spregio. Il frastuono si sta facendo sempre più
intenso. Dietro la spessa porta qualcuno inizia a sollecitarne la tenuta.
Udiamo la voce di Rodrigo sovrastare il frastuono per minacciare Uht e la
figlia dei peggiori tormenti.
“Non uscirete vivi di qui” dice Prego. “Siete
finiti.”
Penelope indica un passaggio che Uht ha fatto
comparire nella parete.
“Andate, presto. Racconterete la nostra storia,
avrete salva la vita e salverete il mondo” ci scongiura Uht. Prego tenta di
intromettersi, ma è un attimo perché io stessa metta in comune i miei poteri
con Solfa e Zena, concentrandoli sulla spregevole creatura che si frappone fra
noi e la salvezza. Prego viene sbalzato contro il muro e un istante dopo ci
infiliamo nel passaggio. Proprio mentre il muro si ricompatta, mi rivolgo ai
due nobili che resteranno a fronteggiare Rodrigo: “Chi vi salverà?” chiedo,
vinta dal senso di colpa.
“Noi siamo già salvi” grida Uht, mentre il muro
si chiude per sempre.
Ore dopo, all’aria aperta, ci rendiamo conto che
qualcosa di terribile e definitivo è accaduto. Ai piedi della collina su cui
sorge il castello tutto appare cristallizzato in una morsa trasparente. Le
fortificazioni sembrano consegnate a un mondo ultraterreno e inespugnabile,
congelato per sempre al di fuori di ogni pretesa terrena. Comprendiamo che la
potente magia del negromante Uht ha congelato anche Rodrigo in quella trappola
preparata con tanta accuratezza. Roccabruciata non esiste più nel nostro mondo,
ma in un altro, dove Uht e Penelope regneranno senza poter più influire sui
destini dei mortali. E con loro Rodrigo e le sue orde, imprigionati dietro il
cristallo in cui la magia di Uht li ha intrappolati.
“Che accadrà ora?” chiedo ai miei due compari.
Solo ora mi accorgo che il sole pare più limpido, e la foresta che circonda
Roccabruciata risplende di un verde vivido.
“Dobbiamo portare la notizia ” proseguo. “Oggi
siamo stati testimoni della nascita di un’era in cui sarà possibile vivere in
pace con tutti, Goblin compresi”.
“Ci credete davvero?” chiede Solfa. “Credete
davvero che la gente confiderà in noi, invece che nella paura che la paralizza
da secoli?”
“Ci proveremo, lo dobbiamo a Penelope e a Uht”
dico, convinta.
Ci incamminiamo lungo la valle che conduce in
città. Dietro le spalle mi pare di udire la voce di Penelope che ci incita a
credere al nostro nuovo destino.
Percorso A1_2 - autore FABRIZIO
L. LAGO
“Vi siete fatti fregare
di nuovo!” aggiunge Dhin, poi si ferma poco prima di un grande portone di legno
borchiato. Ride ancora osservandoci, quindi pronuncia delle parole
incomprensibili passandosi una mano sul volto: il suo viso pare deformarsi, per
un attimo riassume le sembianze di Baldo, il gobbo servitore di Don Rodrigo,
quindi le grottesche fattezze di un sudicio orco.
“Ecco! Sono molto più
bello al naturale, vero?”
“Essere immondo, ci ha ingannato dal primo istante! Era tutta una
trappola!”
In preda all’ira emetto
dei sordi brontolii dietro il bavaglio. Sono stato raggirato, proprio io,
Solfa, che con le parole ho persuaso cavalieri e nobildonne di tutto il regno,
mi sono fatto ingannare da uno stupido orco. Non riesco però a finire di
rammaricarmi: una bastonata cala sulla mia spalla sinistra facendomi
accasciare, l’orco che mi scorta non deve aver gradito la mia protesta. Zena mi
getta uno sguardo commiserevole. É colpa sua, l’idea di un’avventura insieme mi
ha fatto perdere la lucidità, sapevo che il mio debole per le elfe mi avrebbe
fatto finire male, prima o poi.
“Pensavate davvero che
ci fosse qualcuno così stupido da affidare a voi un incarico del genere?
Volevate sconfiggere Uht?” ride fragorosamente l’orco apprendista. Intanto due
dei suoi arrivano con un lungo fagotto sulle spalle, lui ne scosta i lembi a
un’estremità e fa emergere il volto di una graziosa fanciulla esanime.
“Ed ecco la
principessina. Forza, è ora di entrare in scena!”
Il portone viene
spalancato dagli orchi e siamo spinti dentro un ampio salone: enormi bracieri
infuocati posti vicino ai muri illuminano l’ambiente in modo inquietante. Le
fiamme emettono una luce scarlatta che non vince completamente l’ombra e che si
fa più scura intorno a un alto uomo dai capelli lunghi e corvini, seduto su un
trono addossato alla parete opposta. Altri uomini stanno vicino a lui, in
attesa.
L’orco che ci ha
catturato ci conduce a pochi metri dal trono e veniamo costretti a inchinarci
dai nostri nefandi carcerieri, che non usano troppa delicatezza.
“Uht, mio signore,
l’abbiamo trovata! Era prigioniera di questi briganti, nella foresta stregata”
esordisce trionfalmente il mostro, mentre i suoi depositano il corpo di
Penelope davanti al negromante.
Un uomo bruno, robusto e
barbuto accorre vicino alla principessa, la libera dai cenci in cui è avvolta e
cerca di rianimarla.
“Don Rodrigo, come vedi avevo
ragione” esclama Uht mentre si alza in piedi, il tono della sua voce è cupo e
la sonorità talmente bassa da far vibrare l’aria intorno minacciosamente.
“Abbiamo trovato questo
con i briganti” aggiunge l’orco, rovesciando un sacco di monete d’oro davanti a
Don Rodrigo “Sono vostre?”
Si tratta dell’acconto
che il finto Baldo ci aveva dato alla locanda.
“Maledizione!”
Grugnisco ancora, anche se poco importa a questo punto, ho idea che in questa
faccenda perderemo più che le cento monete d’oro. Don Rodrigo mi fissa furente
e viene verso di me con passo piuttosto minaccioso. Mi colpisce con violenza al
volto: uno, due, tre diretti potenti, corroborati dal guanto di maglia che mi
lasciano un acuto sapore metallico in bocca. Crollo al suolo in avanti e sputo
sangue, mi rendo conto di aver perso il bavaglio.
“Si, è l’oro della
scorta di Penelope, era scomparso con lei ovviamente” risponde il nobiluomo.
“Uht, perché mia figlia non sembra riaversi? Eppure è viva!”
“Deve essere preda di un
sortilegio, le vesti della nana mi paiono quelle di una maga, sebbene sia
piuttosto insolita. Non preoccuparti, posso annullare io questo sonno
innaturale, ma prima voglio che tu mantenga la tua promessa: la mano di
Penelope è dunque mia?” chiede il negromante con gli occhi avidi puntati verso
Don Rodrigo.
Quest’ultimo pare
impallidire per un momento, tutti pendono dalle sue labbra: i cavalieri che lo
accompagnano mettono mano all’elsa delle loro spade, gli orchi digrignano le
loro sporche zanne, i miei compagni sono impietriti.
“Hai onorato il patto
Uht, hai ritrovato mia figlia e, sebbene per me sia come perderla nuovamente, è
giusto che sia tua moglie, piuttosto che prigioniera di questi malfattori. La
sua mano è tua” ammette con sconforto l’uomo.
“E anche le tue ricchezze! Stolto!” penso. É chiaro che Uht mira ad accaparrarsi i
possedimenti di Don Rodrigo tramite la mano della sua unica ereditiera, che,
sono certo, non tarderà a succedergli. Il piano è perfetto, non fosse per un
unico casuale neo: la bocca di un bardo, libera di proferire parola! Come al
solito mi sottovalutano e come al solito se ne pentiranno!
Mentre ancora sputo
sangue, col viso riverso sulla fredda pietra, scorgo vicino al sacco delle
monete la piccola fiasca d’Acqua Imbroglia riempita alla sorgente dei troll.
Zena aveva avuto ragione di conservarla. “Come
posso non adorarla?”.
Ancora dolorante per i
colpi presi, mi raddrizzo e riesco a essere subito alle spalle dell’orco che ci
ha ingannato. Con voce sibilante e insistente, appena percettibile al suo
orecchio, faccio nascere in lui una voglia a cui non può resistere, una
suggestione antica e indomabile: l’arsura nella sua gola, la necessità di bere.
Il messaggio si fa largo nella sua mente e lo conduce a vedere la fiasca
d’Acqua Imbroglia per terra. Lo stupido orco cade nella mia tela: la afferra e
se la tracanna d’un fiato, mentre l’attenzione di tutti è su Uht e Don Rodrigo
che si stringono la mano per suggellare lo scellerato patto.
Ora l’orco attende un
comando che non vedo l’ora di dargli.
“Liberami e confessa a
Don Rodrigo come lo avete ingannato. Ora!” gli sussurro.
Di lì a poco, ho i polsi
liberi dalla corda e posso assistere compiaciuto alla caduta del velo che
nasconde la verità.
L’orco si avvicina a Don
Rodrigo con sguardo vuoto, quindi, nell’incredulità di tutti, specie di Uht,
spiega placidamente che Penelope è stata rapita da loro e che noi quattro siamo
solo degli avventurieri, estranei alla faccenda.
Il nobiluomo sembra per
un attimo perplesso, poi, come se non aspettasse altro che quello, sguaina la
spada e decapita, con un solo brutale e velocissimo fendente, il malcapitato
orco. Gli uomini di Don Rodrigo imitano il loro signore e presto il salone
diventa teatro di una sanguinosa battaglia.
Io libero in fretta i
miei compagni e li invito a battercela: non abbiamo più parte in questa
vicenda. Ci fermiamo appena fuori dalle mura a riprendere fiato, Prego e Tesla
si sorreggono l’un l’altra affaticati.
“Signori, non è stato un
gran piacere in effetti, ma almeno la pellaccia l’abbiamo salvata. Se sentite
il dovere di ringraziarmi, non vi contenete affatto” affermo accondiscendente.
“Sei meglio di quanto
sembri, Solfa” risponde Tesla. “Le nostre strade si dividono comunque qui,
meglio non rivedersi per un po’.”
Tutti concordiamo con
quest’ultima considerazione della nana, quindi ci accomiatiamo.
Dopo pochi minuti di
cammino sento alle mie spalle un fruscio: è Zena, mi ha seguito.
“Riprendiamo la nostra
conversazione alla locanda?” mi chiede.
“Mi sembravi poco
interessata l’altro giorno” replico.
“Certo, ma con un sacco
da quattrocento monete d’oro sotto il mantello ti trovo più accattivante,
Solfa!”
“Le elfe mi faranno finire male, prima o poi...”
Percorso A2 - autore LEILA B.
Percorrendo
il corridoio il cavaliere ci racconta della magnifica cerimonia prevista per
l’indomani.
“Con teatranti come voi
non ci si annoierà di certo” osserva fermo davanti alla porta della sala dei banchetti. “Entrate, Uht
desidera una dimostrazione delle vostre doti prima di assoldarvi“ specifica
mentre spinge i giganteschi battenti di biancospino per farci strada.
Dal fondo del Salone Uht
ci osserva.
Se vi dicessi che il
Magnifico Uht è come me lo aspettavo mentirei. Non so neanche dire di che razza
sia, avvolto com’è nel metallo scuro della sua armatura. Se è umano deve essere
un bastardo di troll o di gigante. Quello però che è stupefacente, e che dà
ancora una volta risalto all’immane fortuna del popolo elfico, è che al suo
fianco sdraiata su un triclinio c’è Penelope, inguantata in un abito rosso e
con lo sguardo assente, perso nel vuoto.
“Eccoli Magnifico!”
Prorompe il cavaliere.
“Avvicinatevi!” La voce
metallica sembra uscire dal fondo di un pozzo.
Solfa, davanti, ha perso
tutta la sua spavalderia e i miei occhi elfici non si sono lasciati sfuggire
l’impercettibile tremore delle sue ginocchia.
Ha bisogno di un aiuto,
così lo spingo avanti.
Avanziamo di una decina
di passi poi Solfa torna a fermarsi prodigandosi in un inchino.
“Superba Magnificenza”
balbetta illuminato da un raggio lunare penetrato dalla cupola di vetro che
sovrasta la sala, “la compagnia del Sonaglino è al vostro servizio. Dite,
vostra grazia come potremmo allietarvi.”
Uht rimane in silenzio e
mentre pensa Tesla ne approfitta per attirare la mia attenzione stuzzicandomi
insistentemente il polpaccio con la punta del bastone.
“Le vedi?”
“Cosa?”
“Le catene dorate che la
imprigionano.”
“Non vedo nessuna
catena” le sussurro.
Mi sfiora ancora col
bastone. Sento un leggero calore salire dal polpaccio fino agli occhi.
“Le vedi adesso?”
domanda la nana.
“Si, la poverina è
legata mani e piedi e una grossa catena parte anche dal collare che indossa.”
“Quelle che vedi, Zena,
sono le catene del Sole, e si dà il caso che io sappia spezzarle. Dobbiamo far
bere l’acqua imbroglia a Penelope” afferma Tesla.
Fosse una cosa semplice,
penso. La nostra unica speranza di bloccare e vincolare Uht è con l’aiuto del
nostro chierico. Lancio un’occhiata a
Prego: gli occhi sono già chiusi per tre quarti. E’ almeno mezz’ora che non
beve e se non lo fa non avrà la lucidità e la forza necessaria a vincolare Uht.
Mi arrovello mentre
Solfa elenca le nostre capacità prendendo tempo e facendo così aumentare
l’indecisione di Uht. Quando sento la parola mangiafuoco la mia mente si
accende.
E’ il momento di intervenire.
Muovo un passo avanti spingendo Solfa di lato.
“Magnifico e supremo
Uht, se posso consigliarvi non mi lascerei fuggire l’occasione di vedere la
maestria di Prego il mangiafuoco. Le fiamme per quest’uomo non hanno segreti e
sono sue servitrici” concludo indicando con un gesto plateale la figura dimessa
di Prego che, sebben titubante, col suo inconfondibile stile da ubriaco lascia
intendere di aver capito il mio piano.
Il chierico prende il
suo posto innanzi al Magnifico Uht, mentre noi ci facciamo di lato.
Prima che tutto cominci
affondo rapida la mano nella borsa per stringere l’ampolla di acqua imbroglia.
Faccio segno a Tesla che già è pronta a proteggere il chierico.
“Tu Solfa non fare
sbruffonate” gli sussurro avvicinandomi a lui prima che Prego cominci.
“Sarò ben lieto di non
intralciarvi” ammicca lui di rimando.
“Magnifico e supremo Uht,
ecco per voi la fiamma delle isole” afferma con voce strascicata Prego.
Il chierico trae da
sotto il mantello la fiasca ricoperta di vimini e ne trangugia una buona metà
in un sol sorso.
Il vino lo rinvigorisce
subito. Il suo sguardo è lucido e attento, la sua voce alta e penetrante.
“Cosa stai facendo? Non
ti serviranno a niente le tue preghiere” afferma con disprezzo Uht alzandosi di
scatto dal suo seggio e stendendo la mano verso Prego.
La voce del chierico è
così forte da sovrastare quella cavernosa di Uht. La folgore dalla sua mano
divampa quasi senza che noi ce ne accorgiamo.
Il dardo saetta verso
Prego, ma viene deflesso da una barriera argentata che ha preso forma dopo lo
schianto. Tesla ci sta proteggendo e ora che Uht è distratto non mi rimane
altro da fare che liberare Penelope.
Scatto di lato e veloce
quanto il secondo lampo scagliato da Uht raggiungo la fanciulla.
Le sollevo la testa e di
forza le faccio bere tutto il contenuto della fiala.
Quando Penelope
deglutisce l’ultimo sorso vedo le catene d’oro dissolversi.
“Tu maledetta!”
Uht si è voltato nella
mia direzione. Si avvicina ma la sua figura è più piccola, più scarna. La
preghiera di Prego lo sta prosciugando. Quando mi afferra è privo di forza,
ormai solo un’armatura vuota che si trascina sul pavimento.
“Mi avete sconfitto ma
vi siete tutti condannati. Presto anche voi…”
Non riesce a finire la
frase che si accascia a terra.
Uht è stato sconfitto e
se non vogliamo avere altri problemi è meglio lasciare il castello.
Ci accampiamo fuori dal
villaggio, nei pressi della foresta. Per questa notte non ci troveranno grazie
anche alla nube che copre il cielo e nasconde la pallida luna.
Penelope si è svegliata
e piange ininterrottamente da quando ha saputo che Uht è stato sconfitto.
Ogni nostro tentativo di
rincuorarla è vano. Bofonchia che non capiamo che Uht era buono e che voleva
sposarlo. Che avrebbe vissuto una vita serena e che invece ora dovrà tornare da
quel padre padrone che la teneva relegata nella torre più alta del castello.
Le faccio presente che
anche Uht la teneva incatenata con la magia soggiogandola non solo il corpo ma
anche la mente, ma più le ribadisco questa cosa, più lei piange.
Quando il suo ritornello
inizia a stancarci la obblighiamo a dormire. Noi tutti ci corichiamo lasciando
Prego a fare il primo turno di guardia.
Apro gli occhi ancora
assonnata. Nel silenzio della foresta qualcosa è cambiato. La luna piena è
tornata prepotente a illuminare la radura. Uno scricchiolio sordo attira la mia
attenzione. Poi la vedo.
Penelope, o quello che è
diventata. Il suo bel vestito rosso è lacerato a terra. La sua schiena
muscolosa si tende e si inarca ricoperta da un sottile strato di pelo. Ha percepito
la mia presenza.
Gli occhi gialli mi
fissano. La bocca sporca di sangue si allarga in un sorriso. Prego ai suoi
piedi getta uno sguardo vuoto verso di noi: ha il ventre dilaniato.
“Uht vi aveva avvertito.
Le catene mi impedivano di trasformarmi. E’ colpa della luna.”
Penelope si alza e muove
passi lenti nella mia direzione. Istintivamente scalcia Tesla e Solfa che si
svegliano di soprassalto.
“Mio padre mi teneva
imprigionata per evitare la morte del suo popolo. Uht lo sapeva ed era venuto a
salvarmi. Aveva trovato il modo di farmi vivere una vita normale. Mi avrebbe
sposato e mi avrebbe dato una famiglia. In cambio avrei dovuto rinunciare alla
mia libertà solo quando la luna era piena. Una rinuncia che mi avrebbe comunque
permesso di stare fra la gente anche quando il lupo avrebbe voluto divorarli.”
Mi faccio indietro
alzandomi da terra. Penelope è ancora lontana e riesco a mettermi sulla
difensiva afferrando le mie armi,.
“Alzatevi in fretta!”
grido ai miei compagni rimasti.
Solfa scatta quasi
sull’attenti e mi si porta al fianco.
Tesla allunga la mano
sul bastone ma Penelope è più veloce e le afferra la testa sollevandola da
terra.
“Avete rovinato la mia
vita, ora io mi prenderò la vostra.”
Basta un morso per
decapitare la nana. Io e Solfa non vediamo neppure il corpo cadere a terra: corriamo
costeggiando la foresta, senza voltarci, sentiamo la bestia seguirci.
Poi la strada finisce e
davanti a noi si apre uno strapiombo: il fiume è cento passi sotto di noi.
Guardo Solfa e sospiro.
Penelope è a cinque passi da noi.
“Meglio una morte
probabile che una certa” urla Solfa mentre si lancia nel vuoto.
Io lo seguo mentre
l’artiglio di Penelope fende l’aria nel punto in cui mi trovavo solo un istante
prima.
L’acqua è fredda e il
fiume impetuoso. Arranco ma riesco a raggiungere la riva. Anche Solfa è salvo.
Percorso B - autore CONTE DOOKU
Tornare a Roccafiorita dopo tutti quegli anni mi
faceva un certo effetto, dovevo ammetterlo, anche se le circostanze mi avevano
accompagnato a quel branco di assoluti mentecatti. Li trovavo davvero insulsi e
insopportabili, specialmente Solfa. La leggenda che voleva i dintorni della
rocca appassiti a causa del mio alito era davvero offensiva, non era certo
colpa mia se avevo un quarto di sangue di drago e, quando mi giravano di
brutto, i miei espiri diventavano un tantino roventi.
Il naso poi mi dava il tormento, era da quando
avevamo lasciato la locanda che captava menzogne, ma durante quel breve viaggio
tra le botti mi era letteralmente esploso: hai voglia applicare unguenti, mi
sentivo come una talpa dal muso a stella. E proprio ora che avrei voluto farmi
bella per incontrare Uht!
Certo che ne aveva fatta di strada, me li
ricordavo bene lui, Dho e Dhes a rivoltare letame nelle stalle di del castello.
Io al tempo già studiavo magia ed era stato sotto la mia guida che Uht aveva
lanciato il suoi primi dardi incantati. A volte gli sfuggivano dalle dita
mentre strigliava i cavalli. Quanti equini carbonizzati avevamo sepolto insieme
nottetempo, di nascosto da Don Rodrigo. Benedetta giovinezza! E che baratti
stupendi facevamo io, Dho, Uht e Dhes! Sempre a loro vantaggio, ma era un
piacere farsi circuire da quei tre marpioni.
Ma non potevo lasciarmi andare ai ricordi,
dovevo concentrarmi sul presente.
D’un tratto il carro si fermò: Zena sussultò,
Solfa gloglottò, io mi limitai a espirare annerendo un poco il bordo del carro,
Prego giaceva immoto in una pozza di vino.
Voci in lontananza ci informarono che l’oste se
n’era andato lasciandoci soli nelle cantine. Era tutto molto strano, avrei
giurato che Fox ci avesse attirati con l’inganno per catturarci, portarci da
Uht e destinarci a un’eternità di tormenti, invece dopotutto sembravamo averla
fatta franca.
Scendemmo con circospezione dal carro e
camminammo in punta di piedi fino alla porta della cantina, la via pareva
libera. In silenzio muovemmo i primi passi nel corridoio e di colpo risuonò una
risata che conoscevo fin troppo bene: “Har! Har! Har!” disse l’oste Fox mentre
due dozzine di orchi ci circondavano: “Vi ho attirati con l’inganno per
portarvi da Uht…”
“E destinarci a un’eternità di tormenti,
chiaro.” Conclusi con sufficienza, mi ero rotta le scatole di recitare la parte
della vecchia che parla in rima. “Tu non sei un vero oste, in realtà sei Dhes,
il fratello minore di Uht!” aggiunsi colta da un’epifania.
Zena ringhiò di disprezzo, Solfa fece un acuto:
“Noooo!”
“Proprio così!” rispose Dhes. Intanto gli orchi
ci avevano fatto incamminare verso la sala grande del castello. “Pensavi forse
di poter tornare in queste terre all’insaputa di Uht?”
“In verità mi sono unita a questa comitiva
apposta per rivederlo.” risposi.
“Fai silenzio!” mi apostrofò brutalmente. “Ne
parlerai con lui quando sarà il momento!”
Due minuti dopo entrammo nella sala grande, Uht
era seduto sul trono avvolto in una vaporosa veste nera: era il momento.
“Tesla!” disse. “Vedo che non hai perso il tuo
sguardo magnetico. Ti trovo davvero ben conservata.”
“Non è il più romantico dei complimenti, ma
comunque lo apprezzo . Anche tu porti bene i tuoi anni, comunque sia.” Per Uht
la conservazione era una vera ossessione, su wikipedia si diceva che per
rimanere giovane impiegasse ogni giorno vapore acqueo surriscaldato per non
meno di un secondo a 135°C.
Uht balzò giù dal trono, inciampò nella veste e
rotolò lungo disteso, un dardo incantato partì dalle sue dita mandando a fuoco
un tendaggio. Gli orchi accorsero per spegnerlo prima che l’incendio si
propagasse a tutto il castello.
“Non sei cambiato Uht.” Dichiarai con tenerezza.
“Alla tua età ancora corri dietro alle gonnelle! Perché hai rapito Penelope,
figlia di Don Rodrigo? Forse per vendicarti di quando era padrone di
Roccafiorita e tu servivi nelle sue stalle?”
Uht mi guardò con occhi vuoti. “Io non ho rapito
nessuno.” Rispose perplesso.
“Stai mentendo! Baldo il servitore ci ha
ingaggiati a questo scopo!” interloquì Solfa.
“Ah beh, se lo dice questo signor Baldo deve
essere di certo vero…” commentò Uht.
“Non mentire Uht, tuo fratello Dhes mi ha detto
che volevi riavermi al castello, non avrai organizzato una finta cerca solo per
attirare me?” mi inserii indignata.
D’improvviso Baldo entrò di corsa da una porta
laterale, tutto lercio di vino, doveva essere entrato con una delle botti: “Non
è stato lui, sono stato io!” gridò verde di bile.
“E tu che diamine c’entri?” domandò Dhes
spuntando da dietro una fila di orchi.
“Har! Har! Har!” rise il gobbo. “Sei proprio uno
stupido Dhes, sono anni che vengo alla tua taverna spacciandomi per il servo di
Don Rodrigo, ma dimmi un po’, tu l’hai mai visto in faccia il mio padrone? IO
sono Don Rodrigo!"
“Papà!” gridò di colpo Zena togliendosi dalla
testa il cappuccio e le finte orecchie a doppie punte. Poi, correndo verso Don
Rodrigo, si inginocchiò a trattenerlo per le gambe “Perché sei venuto? A farti
uccidere? Mi ero infiltrata di nascosto in questa finta missione per farla
pagare al malvagio Uht che ti ha privato delle tue terre e del tuo castello!”
“Ma allora quale accidenti era lo scopo di
questa finta missione? E io che c’entro in tutto questo?” sbottai.
“Nulla.” Prego apparve di colpo dal fondo del
salone, completamente sobrio.
“Prego, eccoti finalmente, qui sta succedendo un
gran casino!” cinguettò Solfa “Baldo in realtà è Don Rodrigo, Zena è Penelope e
Fox è Dhes e io… non ci sto più capendo un cazzo! Ma si può sapere che cosa ci
siamo venuti a fare, qui?”
“No Solfa, io non sono Prego, io sono…” iniziò
il chierico.
“Dho!” gridò Uht “Lo sapevo che dovevi esserci
tu dietro a tutto questo! Quindi sei stato tu a indurre Telsa a venire alla
taverna, creando l’occasione a Don Rodrigo di fingere il rapimento della figlia
per organizzare una cerca in cui lei poi si è infiltrata, contando sul fatto
che io avrei fatto in modo che Dhes portasse dentro la compagnia per rivedere
Tesla!”
“Har! Har! Har!” berciò Dho “Proprio così Uht!”
“Ma voi siete tutti matti!” proruppe Solfa poi
si rivolse a me “E tu chi accidenti sei
in realtà? Non mi dire che sei semplicemente la nana Tesla perché a questo
punto non me la bevo!”
“Calmati bardo” si inserì Uht con un cenno della
mano, molto vicino ad adirarsi. “Cose gravi stanno accadendo in questa sala.”
“Non mi calmo per nulla!” rincarò Solfa. “La
vostra storia non ha il minimo senso! Io racconto storie di professione, anche
storie del cazzo magari, ma questa vi assicuro…”
“Ti ho detto di calmarti!” rincarò Uht con un
cenno più deciso. Un dardo incantato da negromante di trentesimo livello partì
accidentalmente dalle sue dita incenerendo Solfa all’istante.
Di colpo nella sala si fece silenzio.
Uht sospirò: “Mi spiace, bardo” commentò
costernato scuotendo il capo.
“Accidenti Uht!” commentò Dhes avvicinandosi ai
resti di Solfa. “Te lo dico sempre di mettere i ditali antidardo quando viene
gente.”
“Lo so, hai ragione” ne convenne Uht
avvicinandosi a sua volta. “Tu puoi farci qualcosa Dho? Se sei venuto per
detronizzarmi, magari hai imparato qualcosa più di me…”
Dho pure camminò verso il mucchietto di cenere.
Lo osservò per qualche istante, poi scosse il capo. “L’hai ridotto proprio
male. Fosse rimasto almeno un po’ scheletro potevamo risorgerlo come non morto,
ma così…”
Osservando i tre fratelli negromanti a discutere
intorno ai resti del bardo e Penelope ancora avvinghiata alle gambe del padre,
di colpo mi sentii di troppo.
Mi tastai il naso, al dissiparsi delle menzogne
era tornato normale, l’irritazione aveva giusto accumulato la corretta dose di
muco.
Augurandomi che il mio respiro di drago non
mandasse in fumo l’artefatto, trassi di tasca il fazzoletto magico e mi
strizzai il naso con solennità, prendendo un lungo respiro.
Mi
aveva fatto piacere rivedere Uht e la sua banda di bricconi, ma era ora di
farsi teletrasportare lontano, verso nuove avventure.
RINGRAZIAMENTI
Grazie ancora!
Staff XOmegaP ;-)
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