28 novembre 2008

RIASSETTO... IN ATTESA DEL 2009

Il 2008 è stato un anno strano dove abbiamo prodotto ma forse non quanto volevamo. 
Per più della metà dell'anno abbiamo lavorato ad un progetto che prenderà luce solo nel corso del 2009. Un progetto grande e ambizioso che ha assorbito, e assorbe tutt'ora, le noste energie. 
Il 2008 ci ha mostrato il fondo del nostro calderone, portandoci a riflettere sul fatto che la materia di cui è fatto il nostro Laboratorio stava evaporando, lentamente ma inesorabilmente.
Proprio in quel momento ci siamo guardati negli occhi non sapendo bene cosa fare.

Non potevamo abbandonare il nostro calderone al suo destino. 
Per questo abbiamo deciso di attendere il 2009 e di ripartire con esso con nuovi progetti e idee per Xomegap.
Già la materia sta ricominciando a scaldarsi ma ci vorrà tutto questo mese per farla tornare al bollore originale. Ecco perchè questo che leggete sarà l'ultimo post dell'anno.

Vi Auguriamo  buone feste e buon anno , così, anticipatamente!
Ma aspettateci perchè il 2009 inizierà con grandi novità.
Ci faremo un vestito nuovo, vi proporremo subito racconti freschi, suggerimenti di lettura e perchè no... un bel E-book gustoso per iniziare l'anno con noi!!!

10 novembre 2008

INATTESI SPAZI DI VISTA


Inattesi spazi di vista è un percorso di parole e immagini che Artegenti ha pensato per permettere a scrittori, poeti, illustratori, fotografi, pittori di interpretare secondo la propria sensibilità artistica gli angoli più nascosti di Modena, trasformandoli in soggetti di opere d’arte. Artegenti ha selezionato angoli celati o semplicemente dimenticati del centro storico di Modena e invitato scrittori, poeti, fotografi, illustratori, musicisti a scegliere uno dei luoghi proposti dal concorso e trasformarli nel soggetto della propria arte.

Per ogni luogo sono stati selezionati un brano (poesia o racconto) e un’immagine (foto, dipinto, disegno) per questa antologia che, corredata da un profilo storico di ogni singolo angolo, vuole essere una guida artistica della nostra città.


Inattesi spazi di vista è così una guida ove storia e arte possono rendere vivi angoli e palazzi che il tempo ha, spesso, pietrificato in monumenti davanti ai quali il passante transita spesso con fare distratto. Il libro, quindi, arricchito dalla prefazione e da un racconto di Pino Ligabue si pone come completamento di Spazi d’Arte 2008 della cui filosofia è figlio e si è nutrito. Per questo all’evento della Tenda erano presenti tutti gli artisti che hanno partecipato alla kermesse del 11-13 settembre per una festa di Artegenti e di tutta la città.


I luoghi di Inattesi Spazi di Vista sono: La Bonissima, La Statua di Perseo nel cortile del Palazzo Comunale, l’Antico Anfiteatro, i Portici di Via Emilia tra vicolo Squallore e Piazza Mazzini, Corso Canalgrande, Via Santa Maria delle Assi, Istituto Orazio Vecchi, i Giardini Pubblici, Fonte dell’Abisso, L’accademia delle Belle Arti, Piazza della Pomposa e casa di Ludovico Antonio Muratori, La Cittadella, Palazzo dei Musei, Via dei Servi – Vicolo Grassetti – Casa natale di Gian Battista Amici, Via Sant’Eufemia, Largo San Giacomo con statua del Graziosi.


I tessitori di parole sono: Monica Elisabetta Amaduzzi, Cleide, Giuseppe Benassi, Sara Bosi, Roberta De Piccoli, Patrizia Carretti, Simone Covili, Giulio Ferrari, Elena Fini, Manuela Fiorini, Pino Ligabue, Giorgio Mattei, Daniela Ori, Marco Panini, Anna Perna, Adalgisa Pini, Massimiliano Prandini, Roberto Vaccari.


I creatori di immagini: Anna Lisa Altariva, Lorenza Cabassi, Federica Carboni, Luca Castignani, Daniele Forghieri, Liliana Medici,Giacomo Papotti, Mattia ScappiniIl reading “La Tenda” è stato il primo di una serie di eventi che avranno lo scopo di far conoscere ai modenesi il centro storico della propria città. La guida, infatti, vuole essere una prosecuzione di Spazi d’Arte 2008, una ponte lungo dodici mesi in cui una serie di iniziative accompagneranno il pubblico verso Spazi d’Arte 2009.

09 settembre 2008

SPAZI D'ARTE 2008

VENERDI’ 12 Settembre
Ore 19.00

PIAZZA GUIDO ROSSA
MODENA

QUARTIERI IN ARTE
Aperitivo letterario

Letture degli scrittori modenesi del gruppo XOmegaP 
della poetessa Daniela Ori

Accompagnamento musicale di 
Lucio Diegoli

Vi aspettiamo!!!

09 luglio 2008

PARTICOLARI 3: LA STAGIONE DELLE PIOGGE

Il Rifugio era un silo di cemento e duracciaio che penetrava per tre piani nel sottosuolo di New Earth. Dopo essersi sottoposto allo scanner della retina, l’uomo parcheggiò l’agravmobile nell’ampio garage al primo livello. Scese in tutta fretta dal veicolo e si recò al turboascensore che lo avrebbe portato ai livelli residenziali. Si trovava su New Earth da appena un mese e già odiava il più antico e borioso dei mondi della Prima Ondata; quel pianeta aveva in sé tutti i difetti dei mondi nati dalla prima fase della colonizzazione, quella effettuata dai governi terrestri e da essi guidata. I coloni avevano riproposto in grande scala le divisioni etnico – culturali presenti sul pianeta d’origine e così i trenta Vecchi Mondi si erano raggruppati in entità politiche per secoli tra loro divise e in lotta. Nel secolo precedente questi stati avevano trovato l’equilibrio nella Comunità di Mondi Indipendenti, in pratica un’area di libero mercato e mutuo soccorso.
Su una cosa solo i mondi della prima ondata erano stati concorsi: avevano riprodotto gli stessi errori ambientali già commessi dall’uomo sulla Terra. Le energie pulite, il controllo delle nascite e la capacità di creare in laboratorio qualsiasi materiale col procedimento della fusione nucleare avevano impedito l’avvelenamento dell’aria e l’impoverimento delle risorse. Ma gli umani non erano capaci di trattare i loro pianeti come ecosistemi complessi e si erano inventati una tecnica per controllare l’ambiente al fine di ottenere 365 giorni di bel tempo e clima mite a tutte le latitudini.
Ben diversa era la situazione sui mondi della Seconda Ondata. Quando quattro secoli prima la Terra, sfiancata da venti miliardi di abitanti, era divenuta inabitabile, una parte della popolazione si era distribuita nelle colonie della Prima Ondata, e un gruppo di irriducibili era rimasto sul pianeta per altri due secoli fin quando la situazione climatica li aveva costretti ad emigrare. Rifiutati dai mondi del CMI avevano colonizzato un piccolo pianeta, Tellus, dal quale si era formata l’Unione dei Mondi. Venendo da un pianeta distrutto dall’incuria umana i nuovi coloni avevano fondato la loro società sul rispetto degli eco – sistemi.
Ora lui, uomo dell’Unione su New Earth per lavoro, si trovava in quel rifugio perché il condizionamento ambientale degli uomini si era dimostrato un fallimento.
I problemi erano iniziati un secolo prima. Le forze climatiche che gli uomini imbrigliavano si erano fatte sempre più difficili da controllare e avevano iniziato a sfogarsi con cataclismi terrificanti. Inizialmente si era trattato di sfoghi indiscriminati, poi i tecnici avevano scoperto che un giorno o due all’anno di sfogo pilotato permetteva poi di controllare il problema durante il resto dell’anno. Erano nati così i rifugi e i cataclismi programmati. Nei decenni il numero di tempeste programmate era andato aumentando e ora, cinquecento anni dopo, le sirene suonavano per quasi tre mesi all’anno, in zone alterne. I costi di riparazione dei danni erano enormi e lo stesso valeva per la gestione del sistema dei rifugi cittadini e d’emergenza, come quello dove lui si trovava. Le Corporazioni Scientifiche sapevano che l’abbandono del condizionamento avrebbe portato a una catastrofe ambientale e tentavano di posticipare il problema per quanto possibile, in cerca di una soluzione che non veniva.
I mondi più giovani e meno compromessi della Confederazione avevano provato ad abbandonare per tempo il sistema di condizionamento ambientale ma avevano ricevuto minacce e divieti dai più antichi, New Earth in testa, che temevano la crisi economica se i loro principali partner avessero abbandonato la schiavitù del condizionamento ambientale. Vent’anni prima c’era anche stata una guerra tra Sirio e la CMI perché il governo di quel pianeta aveva abbandonato il condizionamento ambientale. I Confederali avevano usato bombe ad enzimi batteriologici e solo l’intervento della flotta di Tellus aveva permesso ai siriani di avere la meglio. Ora Sirio faceva parte della Federazione ma era teatro di sconfinamenti e provocazioni da parte dei Confederali.

Il turbo ascensore si fermò all’ingresso dell’area residenziale e l’uomo fu accolto da un droide, bipede e vagamente umanoide, si avvicinò. Il robot lo fissò negli occhi negli: quando era sbarcato sul pianeta i suoi dati erano stati raccolti in un database della sicurezza planetaria a riconoscimento retinale.
La voce metallica del robot ripeté meccanicamente: “Deean O. Kadark, nato a Erith il 4 luglio 4500, su New Earth per lavoro: può confermarmi i dati, signore?”
“Dati confermati”.
“Ben venuto nel rifugio. Il Rifugio 11.IV.53. Mi auguro che la permanenza qui sia gradevole”.
“Grazie”. Rispose lui, “Mi auguro sia breve” aggiunse tra sé, come se l’automa potesse offendersi per quella considerazione,

Era un rifugio di Terza Classe. Due livelli abitabili, mensa in comune, stanze singole con doccia, senza idromassaggio; aveva una piccola palestra e una sala per proiezione 3D.
Tutto era lindo e luccicante, tre androidi di forma umanoide stavano immobili nelle loro nicchie, pronti per servire gli ospiti ma anche per impedire che distruggessero il rifugio.
Il robot che lo aveva accolto lo guidò alla sua stanza. “Ci sono altri due ospiti, vuole alcune informazioni non riservate su di loro?”
“No, grazie: preferisco chiederglielo quando li vedrò, a cena”.
“Non vuole fare un po’ di esercizio fisico prima di mangiare?”
“Voglio solo fare una doccia”.
La stanza era piccola ma pulita. Il letto a repulsione gravitazionale aveva tutte le regolazioni principali, il piccolo bagno aveva un droide igienico. Non ci si poteva lamentare. Un display, proprio di fronte al letto indicava il trascorrere del tempo. Impiegò un po’ a connettersi al terminale: nella Federazione ogni adulto riceveva un’interfaccia bionica nell’area speculativa del cervello che permetteva un collegamento diretto con qualsiasi computer, previo riconoscimento delle autorizzazioni tramite retina e impronta celebrale. Nella Confederazione c’era una sorta di timore reverenziale verso qualsiasi impianto elettronico nella corteccia celebrare: i confederali si facevano impiantare versioni bioniche di qualsiasi organo, anche sano, solo per aumentarne le prestazioni ma avevano un tabù sugli impianti neurali. Dopo alcuni tentativi riuscì ad usare correttamente i comandi e a collegarsi col Consolato di Tellus su New Earth per avvertirli dove si trovava, la procedura standard per i cittadini della Federazione – i coloni come venivano chiamati dai confederali con un inflessione di disprezzo – che si fossero trovati su un mondo confederale durante una tempesta.
Deean si sedette poi su una poltrona di morbida plastica, che si modellò sul suo corpo e lo avvolse con un rilassante campo magnetico. si mise a vedere una vecchia soap opera registrata, all’holovisione. Sebbene il rifugio fosse perfettamente insonorizzato, poteva immaginare lo scrosciare della pioggia e l’urlare del vento. Paradossalmente il pensiero lo cullò e, stanco, precipitò in un sonno profondo.
Si svegliò di colpo dopo un tempo indefinito. Si guardò attorno spaventato, faticando cercando il display: aveva dormito trequarti d’ora. Che il tempo nel rifugio sarebbe passato lentamente lo sapeva, quello a cui non era preparato era la sensazione di oppressione che lo starvi chiuso dentro gli provocava. Voleva uscire. Doveva uscire.
“Devo uscire”, urlò, correndo fuori, verso l’area comune del rifugio. Non degnò di uno sguardo un vecchio e una ragazza che stavano discutendo nel salottino e corsi alla porta stagna che dava all’esterno. Vi era una grossa manopola circolare, come si trovava sulle navi; la girò con forza ma non si mosse. Sforzò ancora di più, senza ottenere nulla. “Maledetta !” imprecò. “Apriti, brutta figlia di cagna!”. Prese a calci la porta con violenza, finché uno degli androidi si staccò dalla sua nicchia e mi afferrò dolcemente, ma con fermezza, un braccio.
“Signore, la prego. Così rischia di farsi male. Si accomodi su un divano e si rilassi. Se dovesse avere qualche frustrazione di tipo sessuale il prototipo venus-89k potrà soddisfarle: etero, omo, sadiche e masochiste.”
Il tono pubblicitario che il robot usò lo fece sorridere, e si rilassò. Prima di lasciare Erith si era informato e conosceva la sindrome da tempesta, la crisi tipiche di chi doveva murarsi a tempo indeterminato sotto un rifugio. La porta veniva bloccata automaticamente al suono della terza sirena: ciò per impedire assalti al rifugio da parte di sbandati ritardatari, ma anche per impedire a chi era all’interno di fuggire fuori, verso la morte quasi certa, nel cuore della tempesta. Gettò un’occhiata a venus-89k, immobile, nuda, nella sua nicchia. Aveva curve sinuose e perfette, un pube lanoso e splendidi capelli biondi. Per un attimo fu sul punto di cedere, poi si ricordò che doveva essere uno di quei robot a struttura molecolare variabile. Se lui fosse stato una donna, il robot si sarebbe chiamato mars-89k e avrebbe assunto la forma di un fusto con un pene smisurato. Probabilmente era in grado diventare il partner delle sei o sette razze più diffuse nella galassia.
“Non sono ancora alla frutta!” disse ad altra voce dirigendosi verso i suoi compagni di avventura e salutandoli con un gesto del capo.
“Mi chiamo Deean, Deean Kadrak, sono un tecnico nucleare.”
“Mi chiamo Hoala, sono una maestra d’asilo. Ero in vacanza con una mia amica in un villaggio a pochi chilometri da qui, stavo facendo un’escursione e quando la sirena è suonata ero troppo lontana per tornare lì. Speriamo che duri poco!
“Salute, mi chiamo Goldan e sono un fisico nucleare. Lei non è di New Earth, vero?” si presentò l’uomo anziano, stempiato e grassoccio.
“Sono di Erith, nella Federazione. Mi ha tradito l’accento, vero?”
“Si, si vede che l’inglese non è la sua lingua madre”.
Nella Federazione si parlava un’evoluzione del latino: una scelta obbligata quando coloni di varie razze avevano deciso di fondare un’unica patria tra le stelle.
“Sono venuto dal mio mondo per fare accordi tecnologici con la ExEnt Corporation, lei per che compagnia lavora?”.
“Insegno all’Università Galattica di New Earth, le Corporazioni non fanno per me”.
“Conosce la ExEnt?”
“Chi non la conosce? Il casino che c’è la fuori è anche colpa loro”.
“Lei è contrario al condizionamento ambientale?”
“Il loro slogan è 365 giorni di sereno, ormai si sono ridotti a 220, tra un po’ avremo meno giorni di sereno di un pianeta non condizionato”.
“Lei cosa crede che bisognerebbe fare?” lo incalzò Hoala interessatissima.
“Chiuderci nei rifugi, abbandonare il condizionamento e lasciare che il mondo si sfoghi: secondo stime basterebbero una decina d’anni e tutto tornerebbe quasi normale”. Rispose Goldan.
“Voi non avete il condizionamento, vero?”. Chiese la ragazza. Era una figuretta dalla vita sottile e dai fianchi generosi. Il viso allungato le dava un aspetto irreale, probabilmente ottenuto con decisi interventi di chirurgia plastica.
“Dio ce ne scampi! – si lasciò sfuggire Deean – non lo abbiamo mai voluto, lasciamo che il nostro clima lo faccia la natura. Siamo in pochi e abitiamo solo le zone più miti dei nostri paesi”.
“La Federazione ha fatto una guerra per impedirci di imporre il condizionamento a Sirio” aggiunse il vecchio – “su questa cosa sono fissati”.
“Ad ognuno la sua fissazione”. Tagliò corto Deean: meglio evitare che la discussione degenerasse.
“Sono d’accordo”. Rispose Goldan pacato. Aveva il volto rubicondo e glabro. “Vado nella mia stanza con venus-84k…giusto per passare il tempo”. Si alzò e andò ad una delle nicchie, ripartendone con la bella donna di metallo che gli caracollava dietro.
“Io preferisco restare qui”. Borbottò Deean.
“Anch’io”. Confermò Hoala. “Se vuole un consiglio vada, resterebbe stupito. Mio marito mi ha lasciata aveva lasciata ed ero disperata. Così mi sono rivolta a un robot...ma ora va molto meglio”. Aggiunse quasi scusandosi.
Deean sorrise impacciato. Nella Federazione i droidi umanoidi erano vietati. Era proibito ogni oggetto tecnologico o costume che violentasse l’ordine naturale delle cose. La Confederazione, al contrario, non riusciva ad impedirsi di violare ogni legge del cosmo. Erano incorreggibili.

L’allarme suonò sulla porta. Sullo schermo apparve l’immagine di una donna che chiedeva disperatamente di entrare. Intorno a lui la pioggia cadeva a secchiate, mista a grandine e il vento spazzava gli alberi con violenza. Deean sapeva che era spacciato. Quando le porte erano chiuse non potevano essere riaperte.
“Poveraccia”. Commentò. Capiva che non c’era un sistema diverso e del resto tutti sapevano con anticipo i giorni di tempesta. Però, era un essere umano e gli dispiaceva. Pregò Dio di avere pietà della sua anima.
Hoala, invece, diede in escandescenza. “Harla! Harla!”. Corse verso la porta e tentò di forzarne la maniglia. D’istinto Deean corse verso di lei. Fu più lesto uno degli androidi che la braccò e con gentilezza, ma senza ammettere repliche, la trascinò lontano.
“Mi spiace, signora, lei sa che non possiamo più aprire”.
“Brutto bastardo!”. Ringhiò la ragazza, stupendo Deean con il tono rabbioso della sua voce, che stonava con la sua figuretta. “La mia Harla! Devo salvarla! La amo!”. Detto questo, Hoala si divincolò dal droide ed estrasse un fulminatore dalla borsetta, spianandolo verso il robot.
“Come diavolo ha fatto ad entrare con un’arma!”. Gridò Deean, mentre la luce della stanza si faceva scarlatta e si riempiva del lamento ossessivo di un allarme rosso. “Abbassi il fulminatore”. Disse Deean. Sapeva che il droide non avrebbe esitato ad ucciderla, perché dalla chiusura della porta dipendeva la vita di due esseri umani, più importanti di quella di un solo essere umano.
“Non posso!”. Pianse lei.
“Harla è la mia amata! Lei mi ha salvato dalla disperazione... doveva essere al sicuro al villaggio. Non so perché è venuta qui...avevamo litigato e io avevo fatto da sola l’escursione, per questo...”. Mentre piangeva la pistola le tremava nella destra, il braccio si dimenava negli spasmi della tensione.
Di fronte a lei, il droide la scrutava gelido. Se lei fosse stato un pericolo per il rifugio l’avrebbe uccisa. Se fosse rimasta così, al robot sarebbe bastato. Con la coda dell’occhio Deean vide che Harla era sparita dallo schermo, risucchiata dalla tempesta. Sperò che Hoala non se ne accorgesse.
Attirato dall’allarme scese anche Goldan, scosso per aver dovuto interrompere il suo pomeriggio di divertimento con venus-84k. “Cosa diavolo....”.
“Fuori c’era una sua amica che tentava di entrare”. Spiegò Deean.
“Maledetto condizionamento ambientale”. Imprecò l’uomo. “Il governo dovrà prima o poi rispondere di tutte queste morti”.
Un colpo di fulminatore distrasse i due dalla loro conversazione. “Nooooo!” Gridò Deean mentre l’esile corpo di Hoala cadeva a terra. La mano lasciò andare la pistola che si era puntata alla tempia. Il viso di lei era bruciato dalla scossa elettrica del folgoratore. Tutto sommato, però, era sereno.
Il droide non ebbe un attimo di esitazione e si mosse per raccogliere il corpo. Lo portò via senza dire una parola. “Ora manderà i suoi dati al controllo demografico”. Spiegò Goldan. “Poi la cremerà, per evitare epidemie qui dentro”.

La pioggia e la tempesta cessarono due giorni dopo. Come sempre accadeva nei mondi sottoposti al condizionamento, essa smise di colpo, senza preavviso. I due uomini erano rimasti chiusi nelle rispettive stanze a vedere la TV tridimensionale e leggere l’ampia video-biblioteca del rifugio. Si vedevano solo per i pasti, chiusi nel silenzio che era calato sul rifugio dopo la morte di Hoala. La polizia avrebbe certamente aperto un’inchiesta sul perché la donna fosse riuscita ad entrare con un fulminatore nel rifugio. La stampa più indipendente avrebbe lanciato i suoi strali contro il condizionamento ambientale. Tutto si sarebbe sgonfiato.

Quando la porta si spalancò Deean assaporò l’aria umida che annunciava la quiete dopo la tempesta. Visto che c’era scappato il morto, bisognava attendere la polizia al rifugio. Di morti, in realtà, ne erano scappati dure. Il cadavere di Harla, gonfio e deformato, giaceva in un canale di scolo allagato poco fuori dal rifugio. La sua pelle era pallida e un ghigno di paura le deformava il viso, che un tempo forse non era stato brutto. Tra le mani, irrigidite dal rigor mortis, stringeva convulsamente un involto, protetto da una cerata. Aveva una forma irregolare. Senza sapere perché, Deean, fu preso dall’impulso di raccoglierlo.
“Mi aiuti”. Disse a Golan.
Si immerse nel fango sino alla vita e lo estrasse, con l’omone che lo teneva per la mano. I droidi li osservavano inespressivi. Rientrarono e Deean si cambiò d’abito facendo una doccia. Poi, sul tavolo della sala comune, aprirono l’involto.
Restarono di sasso.
All’interno c’era una scatola di simil-cartone piuttosto dozzinale, di quelle da mercatini. Quando l’aprirono videro un oggetto che apparteneva alla preistoria della loro civiltà. Un orologio a cucù, di quelli che si attaccavano alla parete, con rumorosi ingranaggi che facevano uscire un uccellino a segnalare col suo verso meccanico il passare delle ore. Era color lilla e irrimediabilmente rotto, inzuppato e rovinato. All’interno della scatola c’era anche un secondo involto di plastica che conteneva una lettera, scritta con la calligrafia svolazzante tipica delle donne. Era nella lingua della Confederazione fu Goldan a leggerlo e tradurlo a Deean.

“Ciao amore mio.
Perdonami se ti ho fatta soffrire. Non volevo ma l’ho fatto. Ho trovato questo bellissimo oggetto al mercatino di Tjalh. È antichissimo, dell’epoca pre-spaziale. So che adori queste cose che stuzzicano la tua sensibilità. Questo regalo non cancella l’errore che ho fatto. Spero, però, che aiuti a lenirne gli effetti.
Un bacio, tesoro mio.

HaRLa-035
Costruita a New Earth City negli stabilimenti In.Ro.”.
Deean si sedette sconsolato sulla sedia che aderì perfettamente al suo corpo. Era un droide. Hoala che era stata tradita dal marito aveva avuto una storia con un droide femmina. Quel droide aveva compreso di averla ferita per qualche cosa che loro mai avrebbero compreso e si era messo in cerca di un dono per farsi perdonare. La logica della macchina era ferrea e nemmeno la tempesta l’aveva fermata mentre tentava di portare il dono alla sua padrona che, per la macchina, era anche la sua amata. Quella logica ferrea che forse aveva fatto litigare Harla e Hoala, aveva anche ucciso il robot e con esso la sua padrona. L’uomo della Federazione si mise le mani sul volto e pianse singhiozzando.



AUTORE - GABRIELE

16 giugno 2008

IL VIAGGIO DEI SOGNI

“Bene! E con questo abbiamo finito!”. Luna chiuse rumorosamente il libro di geografia e lanciò uno sguardo di attesa al suo compagno di studi.
“Sei sicura che siamo abbastanza preparati?” – le rispose il ragazzo seduto di fronte a lei, facendosi scivolare gli occhiali sul naso.
“Ma dai, Max! – Sei quello che ha i voti più alti di tutta la classe. Abbiamo studiato e ripetuto lo stesso capitolo per quasi due ore. E poi, vuoi che chiamino proprio te, con tutta quella schiera di asini che mendicano una sufficienza?!”
“Forse hai ragione; è che sono così insicuro”.
“Vedi? E’ per questo che ti prendono in giro. Perché tu mostri sempre il tuo lato debole a chi si prende gioco di te. Prova a rispondere con un po’ di grinta, una volta tanto. Vedrai che le cose cambieranno”.
“La fai facile tu. A volte sei talmente aggressiva che ti stanno lontano solo per il tuo aspetto”.
“ O, forse, perché una volta ho dato una testata sul naso a quel bellimbusto di Franco, che aveva osato darmi del “cioccolatino”, perché ho la pelle scura, sai….
“E ti hanno sospesa da scuola per tre giorni….”
“Sai che paura….mi sono fatta tre giorni di vacanza. E mi sono anche fatta un bel viaggio. Ho preso l’aereo e sono andata in un posto bellissimo. Era un’isola con le montagne blu, il mare color smeraldo e tanti animali. Gli alberi erano tutti d’oro e sulla spiaggia si trovavano le pietre più grosse e preziose che io avessi mai visto. Ne avevo riempito uno zaino….”
“….ma poi il drago che governa l’isola ti ha sorpresa, ti ha fatto venire un mezzo infarto e sei stata costretta a ripartire lasciando tutto dov’era”.
“Si, ma una pietra piccola piccola mi era rimasta in tasca…peccato che, una volta tornata a casa, per magia era tornata ad essere un semplice sasso”.
“Guarda, Luna, che l’ho letto il tuo racconto…”
“E lo hai anche disegnato….”
I due ragazzi scoppiarono a ridere e riposero definitivamente i libri nello zainetto.
Luna e Max avevano entrambi quattordici anni ed erano amici per la pelle da quando erano piccoli. Abitavano ad un piano di differenza in un grosso palazzone popolare. Le loro madri si erano conosciute proprio grazie al fatto di avere due bambini della stessa età e non di rado, si scambiavano favori nella gestione dei piccoli. Così che i due ragazzini erano, di fatto, cresciuti come fratelli. Tuttavia, Luna e Max avevano anche altre cose in comune, oltre alla scuola, la stessa casa e la stessa situazione di figli unici. Prima di tutto, i loro padri avevano pensato entrambi di sparire dalla circolazione quando i bambini erano molto piccoli. Secondo, il loro aspetto fisico rifletteva chiaramente l’origine multietnica. Luna aveva un bell’incarnato color caffelatte ed i capelli che le scendevano sul viso in una miriade di deliziose molle. Era più alta della sua età ed aveva un fisico longilineo, che la faceva assomigliare ad una gazzella. Luna non si ricordava il volto di suo padre, ma la sua fantasia volava veloce, fino ai confini di un paese lontano, dove non era mai stata, ma del quale sentiva il richiamo in tutto il suo essere. Per questo inventava racconti di viaggi fantastici, dove lei era sempre la protagonista che viveva mille avventure nel paese del padre e dove incontrava gli esseri più incredibili. Max era più basso di Luna, non tanto per la diceria secondo la quale i maschi maturano successivamente alle ragazze, quanto per le caratteristiche della sua razza. Nonostante il nome italianizzato, gli occhi allungati ed il naso schiacciato del ragazzo, l’incarnato ed i fini capelli neri e diritti testimoniavano il suo sangue asiatico. A Max piaceva molto disegnare ed era decisamente bravo in questa sua attività. Luna gli presagiva spesso un futuro da illustratore ma, intanto, lui si divertiva a riprodurre sulla carta i mondi fantastici creati dalla fantasia dell’amica.
Max nutriva una profonda ammirazione per Luna, non solo per la profonda amicizia che li legava; di lei apprezzava il coraggio, la vivacità e l’ottimismo. Tutte caratteristica che sentiva di non avere, poiché, anche se faceva fatica ad ammetterlo a se stesso, il fatto di non essere figlio dei suoi genitori gli pesava. Era stato adottato quando aveva pochi mesi, dopo averne trascorsi diversi in un orfanotrofio cambogiano e, quando anche il suo padre adottivo se ne era andato, si era sentito tradito un’altra volta. Ma poi aveva conosciuto Luna, che per lui era diventata come una sorella; le voleva bene perché era diversa, ma proprio per questo, così simile a lui.
“Senti, Max, che ne dici se ce ne andiamo a fare un giro al Luna Park? Oggi è l’ultimo giorno, non avremo un’altra occasione…Mi sono avanzati un po’ di soldi dalla paghetta settimanale, se ne hai un po’ anche tu potremo fare una colletta e scegliere una giostra che piace ad entrambi…”
“E i biglietti omaggio che ci hanno dato a scuola?”
Luna perse per un attimo la sua naturale vivacità, si fece per un attimo pensierosa, poi assunse quell’espressione tipica, che Max conosceva bene, di chi stava per raccontare una grossa bugia.
“Gli ho barattati in cambio di un biglietto aereo…..Ok, hai ragione, gli ho regalati al bambino dei vicini, che desiderava tanto andare alle giostre con i suoi fratelli. E i tuoi?”
Max abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“Me li hanno rubati. Quei ragazzi di terza che mi danno sempre del “muso giallo”….
“Maledetti – disse Luna, mentre gli occhi le diventavano come fiamme per lo sdegno – prima o poi devo dare loro una bella lezione”.
“Dai, Luna, non fa niente, va a finire che poi ti metti nei pasticci e fai piangere tua madre”.

****

Così, decisero di recarsi al Luna Park e di utilizzare il piccolo gruzzolo che avevano da parte per un giro sulla grande ruota panoramica, che consentiva di vedere dall’alto tutta la città. Del resto, non avendo altro denaro a disposizione, si limitarono a passeggiare tra le giostre, a dire di no ad invitanti bastoncini di zucchero filato ed a trattenersi di fronte agli allettanti inviti dei giostrai che, armati di microfono, descrivevano le meraviglie delle loro attrazioni. Dopotutto, anche se il budget aveva consentito loro di permettersi un solo giro di giostra l’atmosfera magica del luna park, con le sue luci, i suoi suoni ed il profumo di croccante e frittelle aveva regalato ai due amici un bel pomeriggio. Se ne stavano già tornando a casa quando, ad un tratto, la loro attenzione venne attirata da un piccolo gruppo di persone, radunate, probabilmente, attorno ad un artista di strada.
“Dai, Max, andiamo a vedere!”
“Luna, è tardi, se mia madre rientra e non mi trova..”
“Solo un attimo, che mai sarà. A tua madre invento qualcosa io…”
Si avvicinarono, facendosi spazio tra la folla disposta a semicerchio. In mezzo c’era un omino magro magro dai capelli lunghi, tirati indietro con il gel. Aveva un bizzarro vestito a quadri gialli e viola e due improbabili mocassini di vernice rossa. Aveva un volto gioviale e allegro ed un sorriso circondato da due sottili baffetti. Teneva in braccio un pupazzo vestito con un elegante frac nero, un enorme papillon rosa e, sul viso, il caratteristico naso da pagliaccio.
“Guarda, Max, è un ventriloquo!”
L’artista era davvero bravo. Sembrava proprio che dialogasse con il pupazzo, che si muoveva quasi si trattasse di una persona.
“Ci pensi se il pupazzo in realtà fosse un nano” – sussurrò Max all’orecchio dell’amica.
“…Oppure una fata tenuta prigioniera in questo mondo dal malvagio che la costringe ad esibirsi durante le fiere….
Quando lo spettacolo finì, il pubblico si disperse in fretta. Qualcuno gettò qualche monetina nel cappello dell’omino. Luna e Max, che non avevano più soldi, si mescolarono al gruppo.
“Ehi, ragazzi!”
I due amici si voltarono piano. Con un’occhiata reciproca si scambiarono il medesimo presentimento: forse lo spettacolo era a pagamento e le loro tasche erano decisamente vuote.
“Sì, dico proprio a voi due, laggiù – gridò l’omino – Non avete forse dimenticato qualcosa?”
“Se si riferisce al biglietto – si affrettò a rispondere Luna – ci dispiace, davvero, ma non pensavamo che lo spettacolo fosse a pagamento. Solo che ci siamo spesi tutto alle giostre….”
“Non preoccupatevi, non mi riferivo a questo. Piuttosto, non è che avete perso qualcosa?
L’uomo, tenendo sempre tra le braccia il pupazzo, porse ai due ragazzi un bigliettino da visita, delle dimensioni di una carta da gioco.
“No, non mi pare sia nostra – disse Max.
“Invece, sì, che è vostra”. A parlare, questa volta, era stato il pupazzo. Voi due avete molta fantasia, non è vero? In particolare tu - disse guardando Luna – sai inventare delle bellissime storie. Ma anche tu, giovanotto, sebbene quell’aspetto timido, esprimi la tua immaginazione attraverso i disegni”.
Come diavolo facevano il ventriloquo ed il suo pupazzo a conoscere le loro attitudini? Max voleva darsela a gambe, ma Luna rimase lì, come incantata.
“Scommetto anche – continuò il pupazzo – che ognuno di voi due ha un desiderio da realizzare, o un luogo in cui piacerebbe andare, non è così?”
I due amici annuirono, incerti sul da farsi. Fuggire o soddisfare la propria curiosità? Vinse la seconda ipotesi. “Allora, quel biglietto da visita è proprio vostro. Fatene buon uso. E, mentre lo sguardo dei ragazzi si concentrava sul piccolo oggetto che stringevano tra le mani, il ventriloquo ed il suo pupazzo sparirono, come per incanto. Anche Max e Luna sparirono, ma per la paura! Si ritrovarono ansanti, sotto al portone di casa. “Mi raccomando, Luna, non dire niente a tua madre di quello che ci è successo oggi. Sai che lei si preoccupa sempre del fatto che potremo fare brutti incontri”. “D’accordo, acqua in bocca anche tu. Domani è domenica. Ti va se ce ne andiamo al parco con le bici? Portati anche l’album da disegno, così ci inventiamo qualche storia su questa esperienza pazzesca!”

****

Il pomeriggio seguente, all’orario stabilito, i due amici si ritrovarono nel cortile.
“Sai, Luna. Ieri sera, mentre mi mettevo il pigiama, mi sono accorto che il biglietto da visita che mi ha dato quel tizio mi era rimasto nella tasca della camicia. Allora, sono andato per prenderlo fuori e mi sono reso conto di una cosa altrettanto strana…””E sarebbe?” . “Guarda tu stessa: da questa parte il biglietto assomiglia al retro di una normale carta da gioco, ma da quest’altra brilla come se fosse fatto di piccolissime pietre preziose. E se lo muovi un po’, appare un indirizzo.” “Hai ragione…aspetta, che cosa c’è scritto? “Dreams Tour, il tuo viaggio dei sogni…Sembra il biglietto da visita di un’agenzia di viaggi.” “Sì, ma non c’è nessun indirizzo. Se qualcuno fosse davvero interessato a passarci….”
Max si rimise il biglietto in tasca e cominciò a pedalare insieme a Luna in direzione del parco. Nel cestino aveva l’album da disegno ed una scatola di matite colorate; nel suo, Luna aveva, invece, l’astuccio di scuola ed un quaderno sul quale scriveva tutte le sue storie. Per arrivare al parco, dovevano attraversare il centro storico, un agglomerato di piccole strade acciottolate e di vicoli stretti. Era una scorciatoia che prendevano tutte le volte. Ad un tratto, Luna inchiodò con la sua bicicletta. “Ma sei matta! – Le urlò Max – per poco non ti salto addosso!
“Max, guarda là….”
In una viuzza stretta quanto le braccia aperte di un uomo, una vetrina piena di luci e fotografie di paesaggi fantastici era sormontata dall’insegna “Dreams Tour, il tuo viaggio dei sogni”.
Max non provò nemmeno a fermare l’amica, perché, in men che non si dica, aveva già appoggiato la bicicletta al muro ed era entrata. Non gli rimaneva altro che seguirla, almeno per evitare che si ficcasse nei pasticci. Il ragazzo spinse piano la porta di ingresso e, quasi, andò a sbattere contro Luna, che era rimasta in piedi, attonita, nel mezzo di una gigantesca sala. Lungo il perimetro della stanza erano situati gli sportelli per i clienti mentre, al centro, c’era una porzione di foresta tropicale dalla quale si libravano nel cielo chiassosi pappagalli e farfalle colorare. Un’intera parete, invece, era ricoperta da una gigantesca biblioteca, con allineati migliaia di volumi. Max, che più di Luna era attratto dai libri, si avvicinò agli scaffali situati alla sua altezza. Il suo sguardo sorpreso vagava sui titoli. In ordine sparso, c’era il meglio della letteratura fantastica e d’avventura: dal “Signore degli anelli” alle “Avventure del barone di Munchausen”, da “Le mille e una notte” ai più famosi romanzi di Jules Verne, passando per “Il piccolo principe” ad “Alice nel Paese della Meraviglie”. E poi, ancora, “I viaggi di Gulliver”, la trilogia della “Bussola d’oro” , il ciclo di Shannara e “Le cronache di Narnia” ed una miriade di altri volumi.
Mentre il ragazzo era intento a fare scorrere il suo sguardo sui titoli, una gentile signorina si avvicinò a lui ed a Luna che, invece, era intenta ad osservare la varietà umana che si concentrava davanti agli sportelli. C’erano persone vestite in modo davvero bizzarro. Luna catalogò nella sua mente un centurione romano, un pittore seicentesco, una dama inglese con un ricco vestito di velluto e broccato. Una coppia elegantissima, lui con il frac e la tuba, lei con un abito leggero come le nuvole. C’erano anche ragazzini scalzi ed un buffo signore in calzamaglia.
“Buongiorno – ragazzi – che cosa posso fare per voi?
“Veramente – disse Luna, imbarazzata – noi siamo qui solo per dare un’occhiata”.
“Davvero? – rispose la signorina con un sorriso gentile – E non vi piacerebbe fare un bel viaggio?
“Magari! - rispose Max – ma non ce lo possiamo permettere, quindi non le darà fastidio se stiamo un po’ qui a guardarci in giro. Così, almeno, viaggiamo un po’ con la fantasia”.
“Ah! Perfetto! Un viaggiatore fantastico! E, tu, signorina? - disse la ragazza rivolgendosi a Luna – che tipo di viaggiatrice sei?”. “Anche io – rispose Luna, incuriosita e decisamente entusiasta – viaggio molto con la fantasia. E scrivo anche tanti racconti dei miei viaggi . Poi, il mio amico Max li disegna”. “Allora, ho proprio quello che fa per voi. Seguitemi, prego”.
La giovane accompagnò i ragazzi alla sua postazione e li fece accomodare davanti a sé.”
“Vediamo….avete già in mente il vostro viaggio o preferite dare un’occhiata al nostro catalogo?”
“Signorina…. – disse Luna – ad essere sinceri, noi non abbiamo intenzione di acquistare un viaggio. Ci guardi. Siamo due ragazzini di quattordici anni. Le pare che possiamo andarcene in giro per il mondo e, soprattutto, permetterci una vacanza esotica o cose del genere?”.
La ragazza guardò Luna stupita, poi il suo sguardo si posò su un imbarazzatissimo Max.
“Ma, voi avete il nostro biglietto da visita, vero? E’ naturale che lo avete, altrimenti non avreste mai potuto trovare la Dreams Tour e nemmeno essere qui davanti a me”.
A quel punto, Max estrasse dalla tasca della camicia la card luccicante. “Ce l’ha data un ventriloquo al luna park…”. “Ah! Prospero, il nostro addetto marketing!”. Poi continuò: “Sapere, ragazzi, vi svelerò un segreto. Solo chi riceve quella card può trovare la Dreams Tour. Ci sono persone che, dopo aver fatto un viaggio con noi, hanno continuato a cercare la nostra agenzia in tutto il mondo. Alcuni hanno avuto la fortuna di ritrovarla, altri no. Ma state sicuri che i viaggi che hanno fatto con noi sono rimasti loro nel cuore”. “Vuole dire che questa agenzia si sposta? – chiese Luna.
“Certo. Non è mai nello stesso luogo, e nemmeno nello stesso tempo. Solo i fortunati che ricevono “l’invito” possono trovarla. Ma torniamo a noi. Vediamo…che ne dite di un bel viaggio indietro nel tempo? Oppure abbiamo viaggi di fantascienza, viaggi nella storia, viaggi nello spazio, viaggi nei sogni…..In alternativa, possiamo confezionare il vostro viaggio su richiesta”
“A me – disse Max, avvampando in viso – piacerebbe fare un viaggio nel paese dove sono nato, vedere com’è, o come me lo immagino. Mi piacerebbe incontrare i miei veri genitori, almeno una volta…”. La signorina sorrise. “E come immagini che sia il tuo paese? Ed i volti dei tuoi genitori, come appaiono nei tuoi sogni? Max cominciò a raccontare alla ragazza dell’agenzia come si era sempre immaginato la Cambogia, descrisse il suo paese con dovizia di particolari, inventati, perché Max non aveva un vero ricordo del luogo in cui era nato.
La giovane impiegata scrisse tutto quello che Max le raccontava. Luna aggiunse qualche particolare fantasioso, come i draghi che abitavano le caverne e spaventavano gli abitanti dei villaggi, oppure le fate degli elementi che aiutavano gli abitanti nelle vicende quotidiane. Siccome i due ragazzi espressero il desiderio di compiere insieme il viaggio che avevano appena costruito, anche a Luna venne chiesto di raccontare il suo viaggio dei sogni. Senza esitare, lei raccontò di un paese fantastico e meraviglioso, dove lei intendeva recarsi con l’intenzione di cercare suo padre. Certamente, lo avrebbe trovato. Nei sogni di Luna, lui era un avventuriero che se ne andava in giro per il mondo alla ricerca di una pietra miracolosa, in grado di regalare la felicità a chi ne entrava in possesso.
La signorina annotava ogni cosa. Alla fine, consegnò ad entrambi i ragazzi una specie di traveller cheques con il loro nome ed un timbro dell’agenzia. “Mi raccomando, tenetelo sempre con voi e mostratelo ai nostri addetti alla partenza e durante il viaggio. Se, per caso, dovreste incontrare delle difficoltà, tenete anche a portata di mano il nostro biglietto da visita. Arrivederci, e buon viaggio, ragazzi!.
“Aspetti un attimo – disse Luna – ma lei crede davvero che sarà possibile fare un viaggio di questo tipo? . “Certo che è possibile! E’ il vostro “viaggio dei sogni”. Poi sorrise e fece per andarsene.
“Che sciocca! Quasi dimenticavo. Per il pagamento….”
Max lanciò un’occhiata a Luna e le sussurrò piano: “Vedi? Lo sapevo che c’era il trucco. Nessuno ti dà niente per niente…”
“Per il pagamento, potete fare con comodo, non c’è una scadenza particolare….”
“Mi scusi, signorina – fece Luna – ma le abbiamo già detto che noi non siamo in grado di pagare. Davvero, non abbiamo soldi, e nemmeno possiamo chiederli a casa”.
“E chi ha detto che dobbiate pagare il vostro viaggio con dei soldi? Siete ricchissimi di fantasia! Perché mai dovreste utilizzare carta e metallo per pagarvi il vostro viaggio?”
“E, allora, come…. – abbozzò Max.
“Certamente avete visto quella immensa raccolta di libri che c’è nella parete laggiù. Quelle sono solo una parte delle “parcelle” onorate dai nostri clienti. Chiediamo a chi viaggia con noi di lasciarci un racconto di fantasia, oppure il resoconto dettagliato del viaggio che ha intrapreso. In questo modo, il nostro catalogo si arricchisce e si alimenta con la fantasia dei viaggiatori. Naturalmente, non chiediamo l’esclusiva e, come dimostra il fatto che voi conosciate molti dei titoli della nostra biblioteca, alcuni dei nostri clienti hanno pubblicato il racconto dei loro viaggi ottenendo fama e successo come scrittori. “Quindi – disse Luna – vuol dire che basta che noi le lasciamo un mio racconto ed un disegno di Max come pagamento del viaggio?.
“Proprio così. Una volta tornati, prendetevi tutto il tempo che volete e, quando sarete pronti, lasciate pure la vostra “moneta” davanti al luogo in cui vi è apparsa la vetrina dell’agenzia. Non importa se non la vedete, lei troverà voi. Ed ora, cari Luna e Max, non mi resta che augurarvi un buon viaggio con Dreams Tour”.
I due ragazzi uscirono da dove erano entrati, tenendo tra le mani la loro “carta di imbarco”. Non appena si chiusero la porta alle spalle, l’agenzia scomparve, lasciando dietro di loro solo un muro di pietra.

*****

Quella notte, Luna e Max fecero un sogno bellissimo, vivo e reale. Videro paesaggi strepitosi e si imbatterono in animali fantastici. Una fata segnalò loro dove trovare i genitori di Max, che erano proprio come lui se li era immaginati. Volarono sulle ali di un dragone al luogo dove si trovava il padre di Luna, che era bello, alto e coraggioso come lei desiderava che fosse. Si abbracciarono e, insieme, andarono alla ricerca della pietra della felicità. Non fu facile trovarla, anche perché era custodita da un feroce drago. Alla fine, il padre di Luna regalò la pietra miracolosa ai due ragazzi.
Prima di congedarsi, baciò la figlia e le promise che si sarebbero rivisti presto.
Il mattino seguente, andando a scuola, Luna e Max parlarono del sogno che avevano fatto quella notte, confrontarono le situazioni ed i particolari, constatando di aver sognato la stessa cosa. Ma era davvero un sogno? Luna si tastò la tasca e vi scorse una strana pietra azzurra. Assomigliava sorprendentemente alla “pietra della felicità” che il padre le aveva donato in sogno.
Luna e Max non seppero dire se l’avventura che avevano vissuto quella notte fosse reale o no. Decisero, comunque, di onorare il “pagamento”. Luna scrisse una bellissima storia e Max la illustrò mettendo tutto se stesso in ogni linea ed in ogni sfumatura. Poi, come da istruzioni ricevute, lasciarono l’album da disegno davanti al muro di pietra dove, una settimana prima, erano entrati in una strana agenzia di viaggi. Mentre se ne andavano, un alito di vento li lambì, come una carezza. Si voltarono. Il loro album non c’era più. D’istinto, Max si portò la mano al petto, come per assicurarsi che il biglietto da visita della Dreams Tour fosse ancora nella sua tasca. Ne sentì al tatto la sagoma. Rassicurato, la estrasse ma, con estrema meraviglia, si trovò tra le mani una semplice carta da gioco. A Luna, invece, era rimasta la pietra azzurra, che conservò come portafortuna. Negli anni, si trovò spesso a rigirarsela tra le mani e a pensare a quel sogno fatto quando ne aveva quattordici: ci pensò quando sua madre trovò un compagno meraviglioso, così simile al padre che Luna aveva incontrato sulle montagne incantate. Ci pensò quando dette alle stampe il suo primo romanzo, e quando donò la pietra al suo carissimo amico Max, designer di successo, in partenza per la Cambogia per ritrovare le sue origini. E ci pensò anche quando suo figlio, di ritorno dal luna park, le raccontò di aver incontrato uno strano ventriloquo con una giacca a quadri gialli e viola e due improbabili mocassini di vernice rossa…..

AUTORE - MANUELA FIORINI

03 giugno 2008

CORSO DI SCRITTURA





In occasione del corso di scrittura tenuto da
Cecilia Randall, ospite della ZONA HOLDEN


Venerdì 6 Giugno alle ore 17:00
presso la BIBLIOTECA ROTONDA
in via Casalegno 42, Modena 41100


Il team di XOMEGAP che parlerà
della scrittura di gruppo e
del suo ultimo progetto antologico
"MUTAZIONI"



Saranno presenti gli autori e
gli organizzatori dell'evento

20 maggio 2008

PRE-MUTAZIONI /5




Presentazione dell'antologia "MUTAZIONI"

Lunedì 26 Maggio ore 21:00

Presso il Circolo Temple Bar Largo Bezzi 4 - Sassuolo (Modena)

07 maggio 2008

PARTICOLARI 2: IL FILOSOFO E IL MOSTRO PIÈ VELOCE

Il filosofo Macchiaiol già alla data 4966.@@.371.k§[carattere omesso in quanto non presente in tastiera]#.grunt era il più celebre tra i Neozenonici della galassia di Pciok. Ma ciò che gli guadagnò imperitura fama, nonché un’altra inconsueta forma di eternità, avvenne a seguito di un’asta di beneficenza interplanetaria organizzata dalle parti di Rafanus 6, e delle vicende che ad essa seguirono.
Mille e cinquecento Benemeriti Beneficienti erano convenuti nel Bauditourium Benefico Benefit per presenziare all’asta. Essa procedeva a rilento, specialmente a causa del comportamento eccessivamente flemmatico del battitore, tale dottor Prudenzobarbital il cui eccessivo scrupolo nel sincerarsi dei rilanci aveva dilatato l’assegnazione dei primi due oggetti per quattordici giorni cimbriani (ossia per intenderci grossomodo 5*1015 oscillazioni dell’atomo di cesio 133).
Il terzo oggetto fu messo in palio dopo l’ennesima spruzzata di neurostimolante sulla platea. Trattavasi di un oggetto di dubbio gusto e certa inutilità, ossia un anonimo portapenne in legno, arricchito di simpatici fiorellini di gelsomino dall’intervento di un misconosciuto supereroe di un pianeta dimenticato. La reliquia a acquisiva un certo interesse, a detta del dottor Prudenzobarbital, principalmente perché si trattava di uno dei pochissimi oggetti scampati all’incidentale vaporizzazione del pianeta da parte di un aspirapolvere iperspaziale sfuggito al controllo di un incauta massaia di Quarz.
Era quasi certamente una patacca, ma il filosofo Macchiaiol era un appassionato di oggetti scampati alla vaporizzazione di quel pianeta dimenticato che, se ciò non fosse stato dimenticato, si sarebbe chiamato Terra. Di esso aveva già recuperato un orologio a cucù (di colore lilla e pallini grigio topo con piccione defecante a grandezza naturale), un rotunno stippomorfo (di incerta attribuzione), una registrazione magnetica molto rumorosa e una casacca, presumibilmente sportiva, a bande rosse e verdi. Inoltre Macchiaiol era venuto per fare beneficenza e sentendo che non avrebbe potuto resistere alla battitura di un quarto oggetto offrì diecimila megacrediti e riprese a dormire, certo che nessuno avrebbe osato rilanciare la sua puntata.
Altri tre giorni cimbriani dopo il dottor Prudenzobarbital stava per battere il 3427esimo ed ultimo colpo di martelletto che avrebbe assegnato a Macchiaiol detto portapenne. Macchiaiol già pregustava il decollo della sua astronave da quel luogo mortalmente noioso, quando il suo acerrimo nemico, il matematico Pretestuous, si tolse con un gesto plateale il costume da muflone spongiforme e sollevò un’eccezione di nullità.
Non che avesse il minimo senso, ma l’impasse che Macchiaiol lesse nelle pupille del Dottor Prudenzobarbital lo convinse che ora la cosa sarebbe andata veramente per le lunghe.
Ne seguì un alterco violentissimo. A Macchiaiol dalla rabbia si staccarono le squame attorno allo stoma ombelicale e Pretestuos ronzò rumorosamente vicino ai neon al plasma del salone e dal calore quasi ci rimase secco. Ma come fu e come non fu da quella discussione nacque la sfida di verificare empiricamente il paradosso di Achille e la tartaruga.
Quello, insomma, in cui si svolge una demenziale gara di corsa tra un tale non meglio precisato Achille (a volte denominato “piè veloce”) e il minerale ferroso sé movente che nella nebulosa di Andromeda viene detto Tartaruga. Achille parte con un handicap pari a 1/29979245,8 volte la distanza percorsa dalla luce in 9*109 il tempo di oscillazione dell’atomo di cesio 133 (o se ciò vi aiuta potremmo dire 10 metri), rispetto a detto minerale a cui è abbastanza inverosimilmente assegnata la facoltà di avanzare, nel medesimo tempo impiegato da Achille per coprire la distanza del suo handicap, della metà dello spazio del piè veloce. Insomma la velocità di Achille è doppia di quella del minerale Tartaruga, che peraltro è ben noto essere assolutamente esigua, per cui viene da chiedersi perché alle volte ad Achille sia assegnato l’epiteto di piè veloce: ma non divaghiamo.
Secondo l’enunciazione della filosofia Neozenonica siccome mentre Achille avanza 10 metri per raggiungere il minerale Tartaruga esso sarà intanto avanzato di 5, e quindi in un secondo tempo mentre Achille avanzerà 5 metri il minerale sarà avanzato 2,5 e così via, se ne vorrebbe dedurre che Achille sia talmente mentecatto da non raggiungere mai il minerale tartaruga.
Tale argomentazione tiene impegnati i Neozenonici da 4000 rivoluzioni del loro pianeta natale Naxos, sebbene sia facilmente falsificabile già da un oculato utilizzo empirico della legge v=s/t oppure più rigorosamente da considerazioni di analisi matematica che i Ruminantoidi di Denebia fanno già alle elementari.
Ciò non di meno il filosofo Macchiaiol scommise col matematico Pretestuous che sarebbe riuscito a dimostrare la veridicità del paradosso, ossia che date le sue premesse in maniera rigorosa effettivamente l’inseguitore non raggiunge mai l’inseguito. Di più, era talmente convinto di aver ragione che per alzare la posta dichiarò che si sarebbe messo lui stesso al posto del Tartaruga e che avrebbe messo al posto di Achille un mostro ferocissimo.

Quarantatrè anni Devoniani dopo, (circa 212 rivoluzioni del pianeta dimenticato inghiottito dall’aspirapolvere iperspaziale, se questo vi aiuta) il filosofo Macchiaiol aveva costruito il suo modello sperimentale e convocò il matematico Pretestuous e tutte le più fulgide menti del Sesto Quadrante ad assistere.
La zona dell’esperimento era invero abbastanza spartana. Come si poteva vedere attraverso una vetrata di bario trasparente, in una stanza ermeticamente chiusa si torvava un unico binario su cui erano montati due semplici carrelli da miniera. Su quello più arretrato si trovava una massa tondeggiante molliccia e dall’aria truce, mentre l’altro era vuoto. In un angolo si trovava un orologio a cucù di colore lilla con pallini grigio topo.
Per prima cosa il filosofo Macchiaiol tenne una conferenza per spiegare nei dettagli quali erano state le sue ricerche e come intendeva pervenire alla dimostrazione del paradosso. Andava molto fiero di quel che aveva creato e sentiva realmente di essere sull’orlo di una scoperta storica.
Il primo problema che si era trovato ad affrontare, raccontò, era stato quello di trovare un mostro sufficientemente vorace che si muovesse esattamente alla metà della sua velocità e che fosse sprovvisto di qualsiasi tipo di appendici. Infatti se il mostro avesse avuto braccia o tentacoli quando i loro corpi fossero stati sufficientemente vicini, il mostro avrebbe potuto protendere i suoi arti e ghermirlo pur senza tecnicamente raggiungerlo. Questo era l’ostacolo lo aveva impegnato per tutti e quarantatrè gli anni devoniani che erano passati dal giorno in cui la scommessa era stata lanciata, finché non si era dovuto arrendere all’evidenza che non esisteva un mostro siffatto. In primo luogo perché i mostri soddisfacentemente voraci e privi di appendici erano di per sé molto rari e in secondo luogo perché tendenzialmente la mancanza di appendici si rifletteva in una inopportuna mancanza di locomozione. A malincuore era quindi stato costretto a ricorrere ad un artificio. Aveva legato uno Zorn, una voracissima medusa aerea di Lugardia 31 famosa per la sua forma di tondo perfetto e per i suoi fanoni a bilama (la prima alza la preda, la seconda la taglia) ad un carrello che avanzasse di una velocità pari al doppio della sua. Dopodiché visto che aveva fatto trenta aveva deciso di fare trentuno, per cui aveva deciso di imbragare sé stesso ad un altro carrello per essere più sicuro che anche la sua velocità fosse costante.
Quindi per fare meglio risaltare il risultato dell’esperimento istante per istante, visto che la sera prima in nessuno dei 12412 canali a pagamento della Supergalactic Universal trasmettevano nulla di interessante, aveva modificato l’orologio a cucù proveniente dal pianeta dimenticato rendendolo in grado di fermare il tempo per un tempo pari a 9*108 volte il tempo di oscillazione dell’atomo di cesio 133 (ossia, sempre se ciò vi aiuta, per 10 secondi) a partire dal momento in cui il carrello dello Zorn raggiungeva il punto in cui si trovava quello di Macchiaiol all’inizio del ciclo.
Ciò detto posizionò il suo carrello 1/29979245,8 volte la distanza percorsa dalla luce in un secondo (ossia 10 metri) innanzi a quello dello Zorn. Si mise il casco andò a stringere la zampa chitinosa del matematico Pretestuous, e come atto di estrema fiducia gli consegno i comandi del macchinario che faceva muovere i carrelli.
-Fin quando devo continuare l’esperimento?- gli chiese Pretestuous.
-Si concluderà da solo quando il mio carrello taglierà il traguardo del ventesimo metro.- rispose sicuro Macchiaiol. Dopodichè si chiuse nella stanza nell’esperimento, andò a posizionarsi sul carrello e dette il segnale di far partire il macchinario.
Il carrello di Macchiaiol avanzò di 5 metri, mentre quello dello Zorn di dieci, il tutto accadde in una trentina di secondi. Dopo di ché il piccione fuoriuscì defecando e nella zona dell’esperimento il tempo si fermò per dieci secondi davanti agli occhi strabiliati degli astanti.
-Che mi dice Pretestuos un bel marchingegno, vero?- disse Macchiaiol mentre il suo carrello aveva ripreso ad avanzare.
-Bello davvero.- rispose Pretestuous.
Il carrello dello Zorn fece cinque metri, quello di Macchiaiol 2,5 ci vollero quindici secondi: suonò il cucù e il tempo si fermò per 10 secondi.
-Dopo le faccio fare un giro.- disse Macchiaiol quando il suo tempo riprese a scorrere.
-Sarebbe davvero molto interessante.- rispose Pretestuos ma il non aveva ancora iniziato a dire interessante che erano già passati 7,5 secondi e il tempo di Macchiaiol era fermo di nuovo.
-Diceva, scusi?- chiese il filosofo ripartendo.
-Dicevo: interessante.- ma sulla parole “interessante” il tempo del filosofo era fermo ancora una volta. Allo Zorn c’erano voluti 3,75 secondi per percorrere 1 metro e 25 centimetri e ora i due distavano 62,5 centimetri e Macchiaiol distava altrettanto dal 20esimo metro.
-Interessante!- gridò Pretestuous negli 1,885 secondi successivi in cui Macchiaiol poteva sentirlo.
Cinque minuti dopo il mostro e il filosofo distavano meno di 5 centimetri l’uno dall’altro e altrettanto dalla meta, Macchiaiol sorrideva e i dieci secondi di tempo fermato erano già talmente maggioritari rispetto a quelli in cui era in movimento che lo si vedeva muovere a scatti. Sotto il cucù c’era già un bel mucchietto di cacchine.
Un’ora dopo qualcuna delle più grandi menti del Sesto Quadrante si azzardò a ventilare che ormai avevano capito quale fosse l’andazzo, e a chiedere quanto del loro tempo ci sarebbe voluto perché l’esperimento si concludesse.
Pretestuos ci pensò qualche istante, trasse fuori carta e penna scarabocchiò alcuni limiti e poi rispose: -Credo che dal nostro punto di vista durerà per l’eternità.-
-Bello quel cucù.- commentò un altro –Secondo lei è possibile averne uno?-
-Temo che non ne esistano altri e che per avere quello bisognerebbe entrare nella stanza.- rispose Pretestuous.
-Facciamolo, non voremo aspettare per l’eternità che l’esperimento si concluda.- rispose un terzo con praticità.
-Le dirò. – iniziò Pretestuous con prudenza –Non ho idea di che cosa Macchiaiol abbia combinato con quel cucù, ma ritengo che aprire quella stanza, ammesso di poterci riuscire sia esattamente il tipo di cosa che potrebbe far collassare il nostro universo in un batter d’occhio.-
Sulla scorta di quel dubbio il matematico Pretestuos condusse quindi le più fulgide menti del Sesto Quadrante al ristorante a mangiare Quaggiotti ripieni. Quando un giorno Naxiano dopo tutti insieme tornarono sul luogo dell’esperimento il fisico Scatolos fece due considerazioni interessanti. La prima era che la batteria del cucù doveva essere certamente di vecchio tipo per cui prima o poi si sarebbe esaurita, ma subito il Domotico Trenin affossò quella considerazione, in quanto disse che Macchiaiol si era poco prima dell’esperimento vantato con lui di aver montato sul cucù una pila a radiazione cosmica, virtualmente eterna.
La seconda considerazione era che se secondo un calcolo approssimativo se la riserva di cacchine del piccione, che già si ammonticchiava per circa trenta centimetri sotto di lui fosse durata altri 5 giorni Naxiani, si poteva sperare che raggiungesse il cucù stesso e, inzaccherandolo, lo danneggiasse a sufficienza per farlo fermare.
Purtroppo diabolicamente, il cucù finì le cacchine giusto un paio di centimetri prima che il monticello lo raggiungesse, generando una disputa filosofica sul fatto il piccione acquisendo la capacità di fermare il tempo doveva avere acquisito anche coscienza di sé. In realtà questo arcano fu svelato non molto tempo dopo dal matematico Pretestuous che frugando negli appunti di Macchiaiol trovò le istruzioni per l’uso del cucù. Esse indicavano l’altezza minima a cui piazzarlo da terra se si intendeva utilizzare il generatore di cacchine a pieno carico. Un disegno esplicativo mostrava come sotto il metro e cinquanta esso rischiava, se lasciato a sé stesso per circa 12 anni terrestri al ritmo di un cucù all’ora, di essere sommerso dalle feci e dunque di danneggiarsi, mentre sopra il metro e cinquanta fosse al sicuro. Dunque la salvezza del cucù doveva senza dubbio imputarsi alla scrupolosità di Macchiaiol: ma nonostante Pretestuous abbia in seguito speso molto tempo per chiarire il fatto che nel mistero non v’era dopotutto nulla di misterioso, le discussioni filosofiche (e relative leggende) sul piccione a cucù che aveva acquisito insieme la facoltà di fermare il tempo e l’autocoscienza non si arrestarono più.
Tale discussione generò ad esempio la corrente Retrofilosofica dei Cosciotempici che sosteneva che, visto che il piccione acquisendo la capacità di fermare il tempo aveva acquisito coscienza di sé, se ne deduceva, percorrendo il ragionamento a ritroso, che tutti gli essere viventi coscienti di sé fossero necessariamente in grado di fermare il tempo. Purtroppo i Cosciotempici come tutti Retrofilosofi avevano studiato soltanto le funzioni logiche di tipo biunivoco e si autosterminarono cercando di fermare un treno in corsa. In sé poco male: erano quattro gatti mortalmente stupidi, ma molto denaro pubblico fu speso per cercare di indagare le ragioni di quello che a tutta prima parve un suicidio di massa. Poi, dopo anni di psicoterapia la moglie del capo dei Cosciotempici, vuotò il sacco e venne fuori la verità nonché il motivo per cui non l’aveva detta prima: si vergognava profondamente dell’imbecillità del marito.
Ecco dunque le due immortalità di Macchiaiol: quella della fama accademica per avere inventato una macchina in grado di fermare il tempo che nessuno avrà mai occasione di studiare, se non da dietro il vetro della sua stanza da esperimento. Purtroppo da lì sembra un normalissimo cucù che suona ogni dieci secondi.
Un po’ snervante, tra l’altro.
L’altra immortalità di Macchiaiol, quella della sua carne, invece non è cosa della quale abbia molto da godere, visto che la nostra eternità per lui è destinata a durare un mezzo minuto scarso.
E la morale della storia è: se avete lungamente progettato un esperimento che mette a rischio la vostra vita, non fatevi venire in mente di modificarlo alla cazzo la sera prima, piuttosto guardate la televisione, anche se danno solo film che avete già visto. Eventualmente evitate anche di coinvolgere un povero Zorn che se ne stava tanto bene a casa sua, a flottare nei mari aerei di Lugardia 31 nutrendosi, come recenti studi hanno attestato inconfutabilmente, soltanto di refusi.

AUTORE - MAX

21 aprile 2008

RACCONTI BALSAMICI

Due dei nostri autori, Eliselle e Simone Covili, partecipano a questa raccolta di racconti che ha come protagonista uno dei prodotti tipici modenesi più invidiato: l'Aceto Balsamico.

Un prodotto gastronomico emiliano diventa l’elemento narrativo principale di un racconto: così nasce il concorso DEGUSTIBUS 2008 promosso dalle Edizioni Damster. Dal concorso, attraverso una guria di giornalisti scrittori e operatori del settore, nasce l'antologia RACCONTI BALSAMICI
Come già si sarà intuito il motore dell'antologia è l'aceto balsamico che attraverso le visioni di 19 autori diventa il protagonista di storie dalle più strane sfacettature.

L'antologia sarà presentata il giorno 26/04/2008 alle ore 17:00, presso la sala dei 400 (primo piano), all'interno della Fiera Campionaria di Modena (Multifiera), lo stesso giorno saranno premiati i primi tre racconti vincitori del concorso scelti dalla Giuria anche voi potete votare dando la preferenza a un autore o a un racconto.

14 aprile 2008

NON SOLO NARRATIVA

Gabriele Sorrentino, uno degli autori storici di XOMEGAP ci presenta il suo saggio storico su Rainaldo Bonacolsi, detto Passerino, Duca di Mantova e Modena edito da Edizioni Terra E Identità.

Il "Duca" Passerino. L'epoca d'oro del ghibellinismo in Italia attraverso la figura di Rainaldo Bonacolsi, signore di Mantova e di Modena

Questa è la storia avventurosa e tragica di Rainaldo detto Passerino, ultimo esponente della famiglia Bonacolsi, dal 1312 al 1328 dispotico signore di Mantova che, sotto il suo governo, raggiunse la sua massima espansione territoriale, con l’acquisizione di Modena, Carpi e del loro territorio. Rainaldo fu uno dei principali leaders del partito ghibellino, assieme a Can Grande della Scala, Matteo e Galezzo Visconti e Castruccio Castracani, trionfatori nella famosa battaglia di Altopascio. Per questo motivo si servì dei suoi possedimenti modenesi come base privilegiata per avventuristiche scorribande, tra cui spiccano l’uccisione di Raimondo Da Spello (1313), nipote di papa Clemente V, e la famigerata battaglia di Zappolino (1325) dove i modenesi inflissero ai bolognesi una sconfitta bruciante, appropriandosi della Secchia Rapita, il bizzarro trofeo tutt’ora conservato nel Palazzo Comunale. Rainaldo lasciò a Mantova una delle più raffinate compilazioni normati-ve del Trecento padano, Gli Statuti. All’apice del suo potere, fu tradito proprio da uno dei suoi principali sostenitori, Luigi Gonzaga. Questi guidò la rivolta che il 16 agosto 1328, eliminò Passerino e spazzò via la signoria bonacolsiana, iniziata sotto Pinamonte nel 1272. Nemmeno dopo morto, però, l’ultimo Bonacolsi poté riposare in pace: il suo cadavere, mummificato, divenne infatti uno dei principali cimelii di casa Gonzaga

Cronologia essenziale di Rainaldo Bonacolsi
1299 Rainaldo Bonacolsi signore di Mantova
1311 Rainaldo e suo fratello Bonaventura vicarii imperiali di Mantova. Inizio stesura degli Statuti.
1312 Rainaldo e Bonaventura signori di Modena e Carpi
1313 Gli uomini di Passerino a Modena uccidono Raimondo da Spello, nipote di Papa Clemente V, che fulmina l'interdetto contro la città
1318 Rivolta dei Pico a Modena contro i Bonacolsi
1319 Passerino ritorna a Modena
1321 Arresto dei Pico lasciati poi morire di fame nella torre di Castellaro
1324 Passerino scomunicato a causa della disputa col papa che coinvolge anche Cangrande della Scala e i Visconti
1325 definitiva scomunica di Passerino. Vittoria dei Modenesei, guidati da Francesco Bonacolsi a Zappolino contro i guelfi. I Modenesi conquistano la Secchia rapita
1326 inconcludente trattato di pace con Bologna.
1327 Passerino cacciato da Modena e Carpi.
1328 Colpo di stato dei Gonzaga a Mantova. Morte di Passerino. I suoi figli e i figli di Bonaventura lasciati morire di fame nella torre di Castellaro.
1627 Il naturalista Fürttenbach visita il il Wunderkammer gonzaghesco e descrive la mummia di Passerino

P. 200 - prezzo di copertina €14
Edizioni terra e identità

Qui dove potete trovarlo e acquistarlo

09 aprile 2008

MUTEVOLI ALLUCINAZIONI

La famiglia degli scrittori di Mutazioni si allarga, accogliendo tra le sue fila due fotografi.Beatrice Lencioni e Federico Micheli hanno contribuito, con l'obbiettivo delle loro macchine, a interpretare le mutazioni di MUTAZIONI in una esposizione fotografica presso il TUMA'S - Book Bar di Roma.Attraverso 8 scatti hanno sintentizzato 8 racconti dell'antologia intrappolandone l'anima nell'impressione di un istante.

IL POZZO

Fotografia di Beatrice Lencioni
Racconto di Massimiliano Prandini



INGEGNERE DI ANIME

Fotografia di Federico Micheli
Racconto di Ivano Bariani



LA MELAGRANA DI HARITI

Fotografia di Beatrice Lencioni
Racconto di Simone Covili



L'ULTIMO GIORNO

Fotografia di Federico Micheli
Racconto di Cecilia Randazzo



MUTE AZIONI

Fotografia di Federico Micheli
Racconto di Giuseppe Sofo



REGRESSIONE

Fotografia di Beatrice Lencioni
Racconto di Gabriele Sorrentino



SEI DITA ALLA MANO SINISTRA

Fotografia di Federico Micheli
Racconto di Sara Bosi



VI ABITUERETE AL SILENZIO
Fotografia di Beatrice Lencioni
Racconto di Ettore Malacarne
Immagini appartenenti ai rispettivi proprietari

08 aprile 2008

INFORMAZIONE

Purtroppo per cause di forza maggiore da parte dei gestori che ci ospitavano nel loro locale
la presentazione di domani 09/04/2008 di MUTAZIONI al Paguro Caffe' salta.

Vi terremo informati sulla nuova data in cui saremo a Reggio Emilia

02 aprile 2008

PRE-MUTAZIONI /4





Presentazione dell'Antologia MUTAZIONI!



Vi aspettiamo tutti a Reggio Emilia dove saremo ospiti
del caffè letterario
PAGURO CAFFE'

09/04/2008 ORE 20:00

Via Monzermone, 3/A - Reggio Emilia

31 marzo 2008

NEW PROJECT: PARTICOLARI

Un nuovo progetto.
Una raccolta di racconti legati fra loro. In modo casuale. Ogni volta da un particolare differente.
Un oggetto, un personaggio, un luogo. Tanti piccoli files rouges che vi accompagneranno tenendovi per mano a vivere storie diverse.
Un progetto che sta ancora crescendo, di cui non è ancora stata stabilita la lunghezza né la durata. Passo dopo passo, fino a raggiungere, forse, di nuovo l’inizio del cerchio.
Seguiteci quindi, se ne avete voglia, in questo nuovo esperimento letterario e… occhio ai particolari!


26 marzo 2008

Mutevoli_Recensioni /2

Per Mutevoli Recensioni linkiamo:

La segnalazione fattaci da KULT VirtualPress

La recensione rilasciata dal sito MELTIN'POT a cura di Flaminia Angelucci

Buona lettura ;-)

23 marzo 2008

PRE-MUTAZIONI /3








Presentazione dell'Antologia MUTAZIONI!



Vi aspettiamo tutti a Colombaro, Formigine dove saremo ospiti dell'associazione culturale
LA MICCIA

29/03/2008 ORE 21:00

Via San Antonino, 114 - Colombaro
Formigine

03 marzo 2008

PRE-MUTAZIONI /2






Primissima presentazione dell'Antologia MUTAZIONI!



Vi aspettiamo tutti a ROMA dove saremo ospiti del
TUMA'S - BOOK BAR

14/03/2008 ORE 19:00

Via dei Sabelli, 17 - San Lorenzo
ROMA

26 febbraio 2008

Mutevoli_Recensioni

Mutevoli Recensioni conterrà da oggi le recensioni al nostro ultimo progetto antologico, "MUTAZIONI"

Qui linkeremo recensioni, commenti e critiche fatte da lettori e siti amici.

Apriamo lo spazio con la recensione fattaci dal portale SCHELETRI e i commenti rilasciti da alcuni blogger sullo spazio, gentilmente concessoci, del sito NAZIONE INDIANA

Buona lettura ;-)

18 febbraio 2008

PRE-MUTAZIONI /1




Primissima presentazione dell'Antologia MUTAZIONI!



Vi aspettiamo tutti a BOLOGNA dove saremo ospiti del
SALOTTO POST LITTERAM dell'ARTERI'A

24/02/2008 ORE 19:30

Via Broglio 1/e - Ang. San Vitale
BOLOGNA

22 gennaio 2008

ANTEPRIMA MUTAZIONI


ROCK'N BOOKS - Quando la musica incontra la letteratura.

Una serata di musica, divertimento e cultura insieme agli artisti, la possibilità di scoprire libri al di fuori dei soliti schemi grazie al banchetto allestito da Eumeswil Edizioni. Un evento collaterale all’interno della serata Rock'n'Books è la partecipazione del gruppo di autori modenesi XoMeGaP che presenteranno in anteprima la loro ultima antologia.

Domenica 27 Gennaio: Modena dalle 18.00
Presso LA TENDA
Viale Molza angolo Viale Monte Kosica

18 gennaio 2008

UNA LUNGA ASSENZA

Dopo una lunga assenza da queste pagine eccoci nuovamente a voi!
In questo periodo di grandi impegni lavorativi e famigliari non siamo riusciti a dare la continuità che volevamo al LABORATORIO ma nonostante questo non siamo rimasti con le mani in mano, e infatti vi presentiamo il nostro nuovo progetto: MUTAZIONI.Reduci positivamente dalla passata esperienza con l'Antologia XOMEGAP abbiamo voluto raddoppiare con questo secondo progetto antologico allargato sia a livello di racconti, molto più lunghi e corposi, che a numero di partecipanti, ben 12 autori noti ed emergenti tra cui:
Ivano Bariani, Sara Bosi, Simone Covili, Eliselle,Michele Governatori,
Ettore Malacarne, Gianluca Morozzi, Massimiliano Prandini,
Cecilia Randazzo, Giuseppe Sofo, Gabriele Sorrentino, Fulvio Tosi


MUTAZIONI

Collana LAB - Giulio Perrone Editore
ISBN 978-88-6316-007-9
pg. 250
€15,00
DISPONIBILE DAL 28/01/2008
IN TUTTE LE LIBRERIE


www.giulioperroneditore.it
www.perronelab.it