Somigliava alla mia vecchia fiamma del liceo.
Anzi, ne era la copia perfetta. Avrei giurato che fosse lei, se non l’avessi saputa morta. Stessa figura alta e slanciata, stesso modo di vestire eccitante ma non eccessivamente vistoso, stessi boccoli biondissimi lunghi fino al sedere, stessi occhi cerulei.
Stronza come lei, ne ero sicuro.
Si chiamava Helga, proprio come lei. Decisi di ucciderla ancora prima che me la presentassero.
L’altra, la mia vecchia fiamma del liceo intendo, dovevo averla ammazzata troppo in fretta spingendola nella forgia durante la gita alle accaierie di Linz. Un errore che non avrei ripetuto.
Quanti ricordi mi tornavano alla mente… il suo naso all’insù, il suo culetto sodo che ondeggiava, il suo accento teutonico (veniva da Norimberga) mentre rispondeva, sempre correttamente, alle domande di tutti i professori. Aveva qualcosa di inumano, quasi divino.
Dunque, dal momento che la forgia era stato un sistema troppo rapido, questa volta avrei proceduto diversamente: sarei andato a vivere con lei. Pacificamente, per una decina d’anni. E poi un giorno, senza darle alcuna spiegazione, le avrei cavato quei fottuti occhi cerulei con un cucchiaino da gelato.
Uno di quelli a punta quadrata.
Avevo ricavato una nicchia dietro la cabina armadio. Era la mia piccola stanza segreta, ci tenevo i miei arnesi: una collezione faraonica di cucchiaini da gelato.
Il mio piano procedeva.
La nostra convivenza fu tranquilla, anche felice. Lei non era poi così stronza dopotutto.
Dopo dieci anni decisi di aspettarne altri dieci. Non ci stavo male in quella casa in fin dei conti.
E poi altri dieci. Ma alla fine, sebbene un po’ a malincuore, mi decisi. Perché io non sono di quelli che fanno un piano e poi non vi tengono fede: quello che è detto è detto.
Nel trentesimo anniversario della nostra vita insieme, una sera uscii all’improvviso dalla mia stanza segreta mentre lei dormiva. Mi ero costruito un vestito coi cucchiaini da gelato (il tempo per studiare anche il lato coreografico non mi era mancato) e ne brandivo due a scalpello d’argento massiccio.
-E’ ora della resa dei conti, maledetta stronza!- le dissi.
Lei, si sedette sul bordo del letto: -Scusami. – disse con invidiabile aplomb –Ma tu chi cazzo sei?-
-Come chi sono?- chiesi indispettito.
Lei guardò dall’alto in basso quel nano gobbo e deforme che ero diventato (d’altronde viveteci voi trent’anni in uno stanzino due per due ricavato dietro una cabina armadio…) e scosse il capo.
Ci rimasi male: credevo che si ricordasse di me.
Anche se ero molto cambiato, quando trent’anni prima un amico comune ci aveva presentati e ci eravamo scambiati quell’unico “Ciao”, c’erano state molte allusioni in quella mia parola, molti significati reconditi. Cose che non si dovrebbero dimenticare alla leggera.
-Chi pensi che fosse a tormentare le tue notti sussurrandoti all’orecchio storie spaventose?- sibilai cercando di darmi un tono.
-Veramente dormo da sempre con mascherina e tappi nelle orecchie.- mi spiazzò. D’accordo la mascherina: ma dei tappi non mi ero mai accorto.
-E quegli inquietanti rumori che venivano da dietro il tuo armadio, non ti sei mai chiesta da dove provenissero?-
-Pensavo fossero i vicini.-
Fottute teorie razionaliste! Al giorno d’oggi che cosa bisogna fare per spaventare qualcuno?
-E del fatto che la quantità di corn flakes che tieni in dispensa cala vistosamente ogni volta che sei al lavoro? Di questo almeno ti sarai accorta, spero!- ripiegai io, avevo dovuto pur nutrirmi in qualche modo in tutti quel tempo… e lei in casa teneva solo corn flakes!
-Oh si! Ecco perché succedeva, quello in effetti me lo sono sempre chiesta. Ero arrivata a pensare che evaporassero.-
-In che senso “evaporassero”?-
-Mah non lo so… per qualche strano fenomeno fisico… un po’ come quei biscotti al cioccolato che si sciolgono nel latte…-
-Ma che c’entra? Quelli sono fatti apposta! Hai mai visto una vivanda sublimare?-
Al chè seguì un istante di imbarazzo. La mia entrata in scena teatrale era rovinata e tra l’altro mi accorsi con una certa inquietudine di un dettaglio a cui non avevo mai posto attenzione: trent’anni di inattività e dieta a base di corn flakes avevano lasciato il segno su di me, e non parlo solo della pellagra. Era quasi certo che in un corpo a corpo avrei avuto la peggio.
-Ma aspetta… tu sei Mario, quello del liceo!- disse lei ad un tratto, il suo volto si illuminato dall’improvvisa rivelazione. –Sono Helga, non ti ricordi?-.
Ero confuso, non poteva essere lei, non l’Helga delle superiori.
-Non… non è possibile, quel giorno mentre eravamo in gita in Austria ti spinsi nella forgia, come puoi essere sopravvissuta?-
-In Austria? Non siamo mai stati in Austria… il nostro preside aveva tagliato i fondi per le gite, solo viaggi di un giorno. Abbiamo anche fatto sciopero per questo, non ricordi?- ribatté lei perplessa.
Di colpo avevo come un cerchio alla testa, ricordavo qualcosa sì… uno sciopero che aveva a che fare con le gite… eppure… l’acciaieria di Linz la ricordavo bene.
O avevo sognato tutto quella volta che mi ero pappato un quadrato intero di LSD?
-Stai cercando di confondermi, lo so. Ma non ci riuscirai. E comunque sono Piero non Mario!-
-Vabbè… Piero… Mario… dopo tutti questi anni, che cosa vuoi che importi. Comunque mi fa piacere rivederti, era un sacco di tempo che non incontravo più nessuno del liceo. Perché hai addosso tutti quei cucchiaini?-
La sua imbecillità rinfocolò di colpo il mio animo, facendomi accantonare momentaneamente tutte le contraddizioni di quella vicenda: -Per cavarti quegli stupidi occhi dalle orbite, brutta troia!- gridai lanciandomi verso di lei.
Fulminea mi colpì con un poderoso calcio nelle palle, facendomi volare all’indietro di un metro e mezzo buono.
Considerando che avevo preparato quel momento per gli ultimi trent’anni, (anche di più se quella era la stessa Helga del liceo) il risultato si stava rivelando parecchio sotto le attese.
Lei mi aiutò ad alzarmi e poi a sedere sul letto: -Ti ho fatto molto male?- mi chiese.
-Mhhh.- risposi io. Poi fulmineamente presi una decisione, poteva anche essere un po’ rincitrullita, ma alla fine che cosa mi aveva fatto di così grave? E poi se l’avessi uccisa dove sarei andato a vivere e di che cosa mi sarei nutrito? Dopo trent’anni certamente tutti mi credevano morto, e anche quando sapevano che ero vivo non è che gliene sbattesse un cazzo a nessuno. E poi lei era ancora così bella, doveva avere almeno sessant’anni e sembrava che non fosse invecchiata nemmeno di un giorno. A parte di capelli, che erano diventati grigi.
Io sono uno che di solito le porta a termine le cose, ma quella volta avrei fatto un’eccezione. Mi tolsi il mio vestito di cucchiaini e mollai anche quelli argentati.
-Hai cambiato idea?- mi chiese lei.
-Si.-
-Come mai?-
-Vedi il fatto è che al liceo io…-
-Mi amavi?-
-No, ma avrei tanto voluto scoparti.-
-Beh, avresti potuto cominciare rivolgendomi qualche volta la parola…-
-Ero timido.-
-Pazienza, è andata così.-
Ne seguì un altro istante di silenzio imbarazzato. Avrei voluto raccontarle tante cose, affascinarla parlandole di mille avventure, ma negli ultimi tempi non mi era accaduto molto di rilevante. Per cui ripiegai su un approccio più diretto.
-Senti…già che ho rotto il ghiaccio, lo so che non sono proprio più una bellezza, ma non è che ti andrebbe…-
-Cosa?-
-Ma si dai… hai capito no?-
-Di scopare?- fece lei scandalizzata.
-Era solo… così… una proposta.- glissai.
Lei squadrò la mia figura con malcelato disgusto.
-Va beh, dai. D’accordo.- rispose contro ogni pronostico.
Iniziai eccitatissimo a baciarla in ogni parte del corpo… ad odorare i suoi capelli… a toccarla nelle sue parti più intime… a strofinarmi sulla sua pelle scoprendola levigata e liscia come metallo.
Mi fermai con un nodo alla gola: -Ma tu sei… sei… cioè non hai…-
-Si. Sono di metallo.- mi interruppe lei con una leggera aria di sufficienza, ora non sembrava più così rimbecillita –E’ per quello che quella volta a Linz sono sopravvissuta alla forgia. Tra l’altro lascia che te lo dica: come metodo di corteggiamento è abbastanza fallimentare. E poi comunque tu hai vissuto trent’anni dietro la mia cabina armadio, se questo ti sembra normale…-
-No vabbè d’accordo, sei di metallo, questo per me non è un problema. – mi affrettai a mettere in chiaro -Tra l’altro spiega una quantità di cose, ad esempio perché a casa tua non c’era mai niente da mangiare… anzi semmai ora mi chiedo perché avessi i corn flakes.-
-Li compravo per te. Pensi davvero che no lo sapessi che eri lì dietro? A proposito com’è che ti è venuta tutta questa voglia di chiacchierare? Mi vuoi scopare oppure no?-
-Si, certo…- risposi riprendendo i preliminari –Quello che volevo dire prima però è che tu… sei ancora vergine!-
-Già… proprio così.-
-Ma come è possibile… una ragazza bella ragazza come te…- dissi cominciando ad ansimare.
-Non ha mai trovato l’uomo giusto…-
-E io… sono… l’uomo giusto?-
-Non lo so… vediamo che sai fare…- anche lei per l’eccitazione cominciava a sospirare.
-Mah… scusa se te lo chiedo… tu sei… come dire… artificiale?-
-Non avevi detto… che non era… un problema?-
-Non lo è… era così… per sapere…-
Ormai sbuffavamo come mantici: era il momento più bello della mia vita.
-Mai sentito… parlare… della vergine… di Norimberga…?-
-Non era… quella cassa… con le punte dentro…-
-Esatto… sono… la nuova… versione…-
-E’ per questo… che non… invecchi…?-
-Esatto… passati… i cinquanta… mi sono… venuti… i capelli… grigi… e basta…-
-E… le punte…?-
-Che punte…?-
-Che senso ha… una vergine… di Norimberga… senza punte…?-
-Ho solo… una tenaglia…-
-E dove…-
-Lì giù…-
-Lì… dove…?-
Ero pronto a penetrarla, nulla a quel punto poteva più farmi paura.
-Lì giù… dove ti stai… infilando… adesso… ma tranquillo… la comando io… a volte… perdo il controllo… solo… se mi eccito… troppOOOOH… AAAAAAH! SIIIIIIII!!!!-
-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!!!!!!!!!-
AUTORE - MAX
1 commento:
L'idea del tipo che vive dietro l'armadio e come uno spettro sussurra nella notte attraverso la parete mi è piaciuta molto, il finale invece non mi ha convinto molto.
Qualche refuso ;-)
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